Poste, nel Padovano 200 sportellisti in meno

Slc Cgil attacca: «Così cresce il rischio di code e disservizi per il pubblico. Temiamo possibili chiusure»

Costanza Francesconi
L’ufficio postale in via Jacopo Facciolati
L’ufficio postale in via Jacopo Facciolati

In due anni gli uffici postali della provincia di Padova perderanno circa duecento operatori di sportello, passando dagli attuali 650 a 450. «Si tratta di un taglio importante per cui temiamo che la situazione vada peggiorando in un territorio già carente di impiegati».

Condivide la notizia con apprensione il funzionario Slc Cgil, Stefano Gallo.

All’orizzonte, il sindacalista non vede nulla di positivo. Preoccupato che questa decurtazione di personale si tradurrà in un disagio per gli utenti con più code alle Poste, in disservizi sui tempi di attesa e in un sovraccarico di lavoro per i lavoratori che rimarranno operativi.

«Tutto questo perché», chiarisce, «Poste Italiane voleva riorganizzare i mercati privati e ha sancito che servono molte meno persone per mandare avanti la provincia».

L’accordo con quattro sindacati

Alcuni mesi fa l’azienda di servizi postali, finanziari e assicurativi è arrivata a un accordo per contenere il numero di lavoratori e lavoratrici in sede fisica; una intesa sottoscritta dalle quattro sigle sindacali Cisl, Ugl, Confsal, Failp.

«Non da Cgil e Uil perché è un accordo che noi reputiamo peggiorativo: chi resta sarà oberato di lavoro» prevede Gallo, che assicura zero licenziamenti: «Non verranno sostituiti tutti i pensionamenti, ci saranno assunzioni ridottissime sul lato sportelleria, mentre per la rete commerciale sono previste delle entrate, e questo ci fa pensare che Poste voglia diventare più una banca che continuare a svolgere il servizio per il quale è nata».

Succursali sotto pressione

Quella dei duecento sportellisti in meno a Padova nel giro di ventiquattro mesi è - secondo il sindacato - l’apice di una serie di scelte operate dall’azienda e contestate dal sindacato.

«Scelte avventate e che non fanno i conti con la realtà delle cose» mette in guardia il funzionario Scl Cgil. Anche il rilascio e rinnovo dei passaporti è stato recentemente affidato alle Poste, altra mansione in più.

«PT dice di registrare meno clienti che si recano di persona negli uffici postali, ma i pensionati ci riferiscono l’opposto, lamentandosi di disagi crescenti che devono subire ogni qual volta necessitano di un servizio».

Il progetto Polis

Come primo passo contestato, Stefano Gallo cita il Progetto Polis - Casa dei servizi digitali.

La linea di intervento - si legge sul sito di Poste Italiane - consiste nel portare i servizi telematici della Pubblica Amministrazione negli uffici postali con la creazione di “Sportelli Unici” di prossimità nei 6.933 comuni con popolazione inferiore a 15 mila abitanti, dotati di almeno un ufficio postale. Il tutto per dotare le sedi di tecnologie e di strumenti con cui garantire 24 ore su 24 una fruizione completa, veloce, agevole e digitale dei servizi relativi a documenti di identità, certificati anagrafici, certificati giudiziari, certificati previdenziali, servizi alle regioni e altre tipologie come l’esonero/esenzione del canone Rai.

«Niente di tutto ciò», commenta Gallo, «a partire dal fatto che questi totem (macchinette automatiche, ndr) si trovano dentro agli uffici, e sono perciò utilizzabili solo nella fascia oraria lavorativa della succursale. Inoltre - continua - non a tutte le sedi parte del progetto i totem sono garantiti, e dove non arrivano devono sbrigarsela gli operatori fisici».

Fatto sta che l’azienda ha avviato i lavori, e quindi chiuso temporaneamente numerose filiali.

«Sui tempi e modi non riusciamo ad avere risposte trasparenti», reclama il referente Slc Cgil, «Se non altro, il personale che risultasse in più può essere riposizionato lì dove è carente. Ma restano le tempistiche dubbie dei cantieri. L’ufficio di Campo San Martino è stato chiuso più di un anno, quello di Ponte San Nicolò lo è dall’autunno e non si sa quando riaprirà».

Si temono chiusure e disservizi

Un ufficio “spento” per lavori in corso anche solo 4-5 mesi perde operatività e clienti, creando inefficienza. Questa la tesi del sindacato.

«Se è garantita la presenza di uffici postali nei comuni con meno di 15 mila abitanti, a noi preoccupa che in quelli con più uffici postali, qualche succursale venga chiusa».

È già successo a Padova, che ne ha perse quattro a dicembre (e in sei ha ridotto l’orario di apertura al pubblico), per un decreto normativo dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agicom) sul Piano di razionalizzazione degli Uffici Postali predisposto da Poste Italiane per l’anno 2024.

«Nei comuni dove sono presenti più uffici postali, se ne possono infatti chiudere a patto che», ricorda Gallo, «all’interno di un chilometro quadro risieda un tot di abitanti a cui sia comunque assicurata una sede alternativa dove potersi recare, all’interno dello stesso territorio comunale».

L’attacco: schema poco chiaro

«Siamo molto preoccupati» ripete allarmato il delegato Slc Cgil.

«Non sono arrivate risposte chiare dall’azienda - nonostante le richieste e gli esposti fatti - sui criteri con cui questa razionalizzazione verrà effettuata».

E quindi sulle immediate ricadute che bisogna attendersi sia sul piano dei lavoratori e dell’utenza, che degli spazi fisici.

«A breve anche la figura del consulente, fisicamente presente in determinati uffici, verrà sostituita da un profilo professionale mobile», annuncia infine Gallo.

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