Prostitute cinesi a Este irruzione nel bordello

ESTE. A quella porta bussava almeno una ventina di persone al giorno. Uomini sposati e single, dai 30 ai 60 anni, soprattutto della città ma anche da Rovigo e Ferrara. Alcuni erano clienti fissi, altri occasionali, che riuscivano a strappare una prestazione anche per appena 30 euro. È durata quasi otto mesi l’attività illecita di quattro orientali, “titolari” di una casa di prostituzione nel cuore di Este.
Il blitz. Sabato notte i militari del nucleo radiomobile di Este sono entrati nell’appartamento di via Monache 13, di fronte alla chiesa di San Rocco, in pieno centro storico atestino. Una prostituta cinese di 54 anni era impegnata con un cliente, un italiano del posto, in una prestazione sessuale. Nel locale, una stanza al primo piano di pochissimi metri quadri, c’era anche Y.D., 47 anni, cinese ma residente a Reggio Emilia: oltre che prostituta, la donna si è rivelata essere la “matrona” della casa d’appuntamenti di via Monache. La donna è stata denunciata per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Con lei sono stati denunciati altri tre connazionali, tutti di Reggio Emilia e al momento irreperibili: Z.H. di 34 anni, J.J. di 40 e H.W. di 43. I carabinieri della Compagnia di Este, comandati dal capitano Christian Arvoti, hanno messo sotto sequestro l’appartamento e anche i telefoni cellulari che erano lì. A quanto pare, l’affittuario dell’appartamento era ignaro dell’attività che vi si svolgeva all’interno. Neppure i clienti sono perseguibili.
ll giro. Le indagini dei militari sono partite lo scorso settembre, anche se le prime ragazze orientali erano arrivate già a luglio. Da una prima valutazione, basata sulle osservazioni condotte dai carabinieri e sull’attività registrata nei telefoni cellulari, pare che ogni giorno la matrona ricevesse almeno trenta chiamate. Metà di queste si trasformavano in appuntamenti veri e propri. Le prestazioni prevedevano un tariffario che andava dai 50 ai 70 euro, anche se la cifra era trattabile e spesso e volentieri scendeva a poche decine di euro. In pochi si sono accorti dell’attività illecita dell’alcova: la discrezione di sfruttatori e prostitute e l’anonimato garantito dalle serrande sempre abbassate dell’appartamento hanno limitato al minimo i disagi e anche la curiosità per i residenti della via.
La pubblicità. I servizi offerti dalla casa di incontri di via Monache erano pubblicizzati attraverso inserzioni in siti internet e riviste. Un esempio è l’annuncio pubblicato a più riprese sul portale “Bakeca Incontri”. L’italiano e la grammatica sono dei peggiori: «Nuova. Sono una ragazza giapponese, ho scattato queste foto sono sul posto, pieno di vero, sono stato incredibilmente sexy e dolce, per soddisfare tutti i vostri desideri e bisogni, in modo che non hai mai avuto il gusto del gusto». La pubblicità è corredata da numero di telefono e immagini della ragazza orientale, indicata come ventiduenne e ritratta in immagini fasulle pescate da chissà quale sito di pornografia.
l precedente. Curiosamente, anche in questo caso il centro di prostituzione era stato sistemato a pochi passi dalla caserma atestina dei carabinieri. L’appartamento di via Monache si trova a un centinaio di metri dalla stazione dell’Arma di via San Martino. Non a caso, i primi ad accorgersi dell’insolito andirivieni di clienti sono stati proprio i militari della caserma. L’anomalia non è una novità: l’altro appartamento a luci rosse gestito da orientali, finito nell’occhio delle forze dell’ordine nel settembre 2010, era stato quello di vicolo Vallesina, sempre a pochi passi dal comando dell’Arma.
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