Protesta la sanità privata, niente visite ed esami in agosto

Ferie forzate di tutte le strutture padovane accreditate. Sciopero il 16 luglio contro i tagli imposti dalla Regione Veneto

PADOVA. La sanità privata torna in trincea, all’orizzonte un’estate di protesta. Tutte le strutture padovane se ne andranno in ferie forzate dal 5 al 26 agosto. Una chiusura concordata e a tappeto che metterà in difficoltà tutti coloro che dovranno sottoporsi a visite e esami diagnostici: a disposizione solo il servizio sanitario nazionale che rischia di essere messo in ginocchio dall’impennata di richieste di prestazioni.

Il “la” alla protesta verrà dato il 16 luglio: tutti i dipendenti della sanità privata incroceranno simbolicamente le braccia dalle 9 alle 9.30. Previsti picchetti di protesta davanti alla sede della Regione Veneto e dell’Usl 16, accusata di non aver definito il numero di prestazioni in convenzione erogabili dalle strutture accreditate. La sanità privata combatte da mesi contro la decisione della Regione di tagliare il budget del 30 per cento ai centri accreditati. I titolari delle strutture navigano a vista: tutti sostengono che entro il mese di settembre nessun privato potrà più erogare prestazioni a costo ticket. Risultato? Chi vorrà sottoporsi a un esame o a una visita dovrà pagare per intero il costo del test diagnostico. Martedì sera si è riunito il Ccrsv, il comitato di crisi della sanità privata. «Un primo cospicuo gruppo di iniziative», spiegano i responsabili del comitato, «saranno realizzate contestualmente il 16 luglio, per portare all’attenzione del pubblico le problematiche generate dai tagli della Regione, attraverso diverse iniziative distribuite in varie cittadine del territorio: presidi di protesta di fronte alla Giunta Regionale a Venezia e alla Usl16 di Padova, interruzioni simboliche del lavoro, il time out, volantinaggio nelle strutture e all’esterno, banchetti informativi e gruppi di manifestazioni in varie cittadine del Veneto». Lia Ravagnin, presidente di Anisap, chiede che la Regione rispetti gli accordi sottoscritti ad aprile, «nell’interesse dei cittadini e dei dipendenti delle strutture, che rischiano il posto di lavoro».

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