Puoi dire “che schifo” o fare qualcosa: la campagna shock per il volontariato

Senzatetto, poveri, immigrati bersaglio dell’indignazione. Ma sul web un sito raccoglie le storie di chi sceglie il servizio
TOME-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - MANIFESTI CAMPAGNA CHE SCHIFO
TOME-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - MANIFESTI CAMPAGNA CHE SCHIFO

PADOVA. È vero, frugano nei cassonetti per mettere insieme il pranzo con la cena. Oppure dormono sotto un portico, davanti a qualche bella palazzina del centro storico. Di occhiatacce e commenti («Che schifo» è di sicuro il più frequente), ne sentono ogni giorno. Perciò i poveri, i senzatetto, i frequentatori abituali delle Cucine Popolari, i richiedenti asilo saranno gli ultimi a sentirsi turbati per la campagna di comunicazione che apre un nuovo sguardo su Padova capitale europea del volontariato.

Sono frasi comuni, citazioni, reazioni d’istinto trasformate in installazioni di grande impatto. È la campagna “Che schifo”, ideata (e regalata alla città, come azione di volontariato) dall’agenzia padovana Young Digitals. Racconta il senso del volontariato, che non è meno provocatorio dei problemi ai quali risponde. Perché - come si legge sui manifesti - pensare “che schifo” è una scelta. Ma «essere d’aiuto è una scelta migliore».

Il progetto

I primi manifesti sono comparsi ieri in via Matteotti, in via Sorio, in via Palestro, in via Ariosto, in via Cavallotti e in alcune colonne pubblicitarie del centro. Ma è solo una parte della campagna, la più visibile, ed è solo l’inizio. «C’è sempre una domanda che il senso comune rivolge ai volontari. Ed è: chi ve lo fa fare?», dicono dal Csv di Padova.

«Dedicarsi a una causa, essere d’aiuto, rendersi utili per risolvere un problema o per ridurre un disagio o per valorizzare un patrimonio, senza alcun ritorno, è semplicemente spirito di servizio. Il volontariato è uno stato mentale, un modo di pensare, un’attitudine. Non si nasce volontari, ma lo si può diventare dopo essere stati sensibilizzati». Così, di fronte alla manifestazione di un problema, ci sono due reazioni possibili: dire “che schifo” o chiedersi cosa si può fare. La campagna gioca, in prima battuta, su questa reazione di pancia.

Ombre e luci

«Nelle città il disagio si confonde con la quotidianità, è visibile ma ignorato, non è mai raccontato», aggiungono dal Csv. «Dandogli un racconto, la campagna vuole renderlo da visibile a evidente, e costringere le persone a prendere una posizione: sei dalla parte di chi si lamenta e giudica o dalla parte di chi si impegna?».

Dalla parte di chi si impegna ci sono 6.450 associazioni. E la piattaforma web cheschifo.it - non proprio un sito quanto semmai un progetto editoriale - ha cominciato a raccoglierne le storie, dando voce a testimonianze di volontariato, raccontate in prima persona da chi si spende nel servizio a favore degli ultimi. In campo per cambiare la realtà e superare quegli stessi problemi che a qualcuno fanno dire “che schifo”.


 

Argomenti:cev 2020

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova