Quel fustigatore di Sergo Saviane troppo bravo, troppo scomodo

TREVISO. L’oblio. Profondo. Nero, assoluto. Prima di tutto quello riservatogli da chi gli doveva molto, dai colleghi e “amici” che un tempo lo prendevano sottobraccio facendosene vanto e skilift culturale. L’oblio sceso da 13 anni – tanti ne son passati dalla morte – su Sergio Saviane, giornalista e scrittore, autore satirico, padre della critica televisiva e anche di certo giornalismo narrativo che molti credono nato negli Usa, si rompe con un libro, stampato in questi giorni e già oggetto di grandi attenzioni, dal titolo provocatorio, “Il rompicoglioni”. A scriverlo è stato Massimo Del Papa per un’intuizione della Cna di Castelfranco, paese natale del “vecio-giovane”.
Il sottotitolo è non a caso “L’eredità perduta di Sergio Saviane”. In quel perduta stanno, insieme, il rammarico per un silenzio durato tutti questi anni e la speranza che qualcuno raccolga il testimone e rimetta il Grande Scomodo sul piedistallo che gli spetta. Scomodo, sì, come la verità, grande come la solitudine riservata a chi alla verità non vuol rinunciare, a costo di lasciarsi rullare la vita. A Saviane, quest’anno, la Cna ha riservato anche l’Art Premio, già andato in passato a personaggi come Giusto Pio e Patrizia Valduga. E Del Papa, grazie a un libro autoprodotto (Alberto Liberali editore è un nobile libraio), prova a risvegliare il ricordo di quello che è stato un grande inventore di linguaggio, un implacabile fustigatore di malcostumi e, purtroppo, anche uno degli uomini più querelati d’Italia.
Lo fa in punta di piedi, senza vantare altra conoscenza profonda del soggetto che quella di un’antica stima, diventata “innamoramento” postumo e repentino. Si vede - e si sente in una surreale videoconferenza di presentazione - che Del Papa teme il brusio degli “amici” e di quanti vantano una conoscenza diretta (quanta gente sfiorata e diventata intima a posteriori). Ma la sua operazione, che lui stesso definisce “leggera”, ha bisogno di quel distacco per concentrarsi sull’affresco di Saviane senza indulgere su altri soggetti.
“Un perdente di successo”, lo definisce l’autore, ricordando anche gli angosciati e teneri rimproveri della figlia Caterina a quel padre che faceva terra bruciata attorno a sè.
Verrebbe da dire che questo è il destino dei grandi e che non resta che attendere la solita “riscoperta”. Se i fatti non dicessero il contrario. C’è stata una fretta furibonda a seppellire, insieme al corpo stanco di Saviane, anche il suo consistente ricordo, quasi - e forse è così - rischiasse di contaminare tanti giornalisti e scrittori più utili come innocui bambolotti televisivi.
Anche questo dice il milanese Del Papa. E svela di essere andato sulle tracce di Saviane cercandone i luoghi e le persone che con “il vecio-giovane” ebbero rapporti più solidi, dal fratello vero a “fratel” Gabriele, il religioso che spesso gli teneva compagnia in serate brusche in cui Sergio poteva anche “litigare con se stesso”. La diffidenza dei veneti, il loro pudore - spiega l’autore - sarebbe stata la peggior nemica di un moderno editore che avesse voluto pubblicare uno scandalistico libro su Saviane. Infatti il libro è “altro”. E una parte, nel rendere giustizia al collega, ce l’ha anche Aldo Grasso, critico televisivo e grande estimatore di Saviane: al libro fa una post-fazione per poi lanciarlo in un articolo che in questi giorni ha risvegliato molti indolenti, turbando l’imbarazzato silenzio di chi aveva ancora la pala da sterro in mano.
Un viaggio a volo radente ma intenso, quello di Del Papa, capace di fotografare con significative e mirate “polaroid” alcune fasi importanti della vita e del lavoro di Saviane, senza mai ridursi al ruolo di biografo.
Si passa così dai mitici “mezzibusti” e “pippibaudi” (come sarebbe bello avere un completo sillabario savianesco) ai libri importanti e contrastati come “I misteri di Alleghe”. Si passa dall’autore satirico attivo fino all’ultimo (il Veneto è stato testimone dell’esperienza del vaticinante Malox, chiuso alla morte del “vecio”, per rispetto) al rammarico per il fatto che gran parte degli scritti non sono più stati ristampati. «E invece, per la qualità letteraria, si meriterebbe almeno un Meridiano», punge ancora Del Papa. Non resta che mettersi alla finestra.
Antonio Frigo
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