Quell’amore non corrisposto Accorsi, furioso Orlando

PADOVA
Prima che Orlando, Stefano Accorsi è Furioso, nel nuovo spettacolo scritto e diretto da Marco Baliani che rovescia il titolo del poema di Ludovico Ariosto, a cui liberamente s’ispira. «Furioso Orlando», in prova per il debutto in questi giorni, farà in Veneto le prime tappe del suo tour, toccando Castelfranco (Teatro Accademico) il 7 e 8 febbraio, Padova (Mpx) il 9 e Mestre (teatro Toniolo) il 10 e 11 febbraio. E mentre sta per uscire la serie tv «Il clan dei camorristi» (a marzo su Canale 5) nella quale Accorsi interpreta un magistrato, l’attore romano non rinuncia al teatro, a cui torna dopo il successo de «Il dubbio», allestito nel 2008-9 con la regia di Sergio Castellitto nel quale recitava accanto a Lucilla Morlacchi.
Com’è nata l’idea di affrontare un classico della letteratura?
«Ne avevo un vago ricordo liceale, poi mi è capitato di farne una lettura in Francia insieme alla Morlacchi. Lei era meravigliosa e mi ha fatto accendere il pensiero di lavorare intorno all’Orlando».
Dall’idea alla realizzazione è passato del tempo e hanno visto la luce molti lavori, tra cui tre film in meno di due anni. E l’incontro con Marco Baliani?
«Quella è stata una vera fortuna! Lui ha fatto un lavoro straordinario anche dal punto di vista drammaturgico, perché non solo è riuscito a trovare un filo tra le migliaia di versi del poema ma ha anche composto delle “ottave ariostesche”’ per sintetizzare alcuni passaggi che ci erano funzionali coniugando un linguaggio narrativo moderno con la maniera di Ariosto».
L’Orlando furioso celebra la fine dell’epica cavalleresca e introduce l’elemento della pazzia amorosa. Il capovolgimento del titolo suggerisce qualcosa?
«Il Furioso Orlando denuncia una manipolazione, cioè la scelta di ciò che volevamo raccontare. Al di là del fatto che sarebbe stato impossibile proporre l’opera per intero, questa non era neppure la nostra intenzione. Noi volevamo raccontare una storia, che è una storia molto moderna e ha il suo centro nella perdita della ragione a causa di un’assenza, di una sottrazione imprevista, insomma di un amore non corrisposto. Tutto comincia quando Angelica fugge e le orme che lei lascia sul terreno muovono una serie di altre fughe e di inseguimenti, ciascuno per suo conto e per ragioni proprie. Orlando è convinto che Angelica lo riami, invece non è così e quando lui scopre che lei ama un altro e ne trova le tracce, perde la ragione, passando attraverso tutte le fasi della disperazione: la negazione dell’evidenza, poi il pianto, il disorientamento, il denudarsi, che è anche un alienarsi da sé e dal suo ruolo, fino alla violenza e alla ferocia. Un aspetto, questo, che è tristemente familiare alla nostra epoca».
Si seguono altre orme durante il racconto?
«Sì, quelle di Ruggiero e Bradamante. E qui è lei quella che rincorre, ma lui si perde o si distrae o si mette nei guai. Sono entrambe coppie che s’inseguono inutilmente e, se alla fine capita che s’incrocino, come accade a Orlando e Angelica, non si riconoscono. Questo è il motore dell’azione narrativa: l’essere altrove».
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