Quell’arsenale in casa Sorgato nuovo processo ai fratelli killer

Nuovo processo in vista per i fratelli Freddy e Debora Sorgato, dopo i trent’anni di carcere per l’omicidio e la soppressione del cadavere di Isabella Noventa, impiegata 55enne di Albignasego, confermati appena una settimana fa dalla Corte d’assise d’appello di Venezia.
I reati contestati? Nei confronti di entrambi la detenzione illegale di armi comuni da sparo con regolare matricola (una pistola Beretta calibro 7,65 completa di caricatore e di 14 proiettili, una pistola Astra calibro 9 per 19 modello 600, 93 cartucce calibro 7.65, 53 cartucce calibro 9 per 21). Per quanto riguarda Freddy deve rispondere di violazione del Testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza in quanto non avrebbe denunciato di aver trasferito la detenzione di armi comuni da sparo (tre pistole e un fucile da caccia con le munizioni) dalla casa della madre alla villetta di sua proprietà dove aveva fissato la nuova residenza, a Noventa Padovana in via Sabbioni 11; e ancora deve rispondere di aver detenuto un quantitativo di cartucce (561) in numero superiore al consentito (il massimo è 150), oltre ad alcune “armi bianche”come un tirapugni, uno storditore elettrico e un coltello a scatto. L’inchiesta è stata formalmente chiusa, atto preliminare alla richiesta di rinvio a giudizio ormai imminente, salvo che i due non chiedano di essere interrogati. Una ipotesi piuttosto improbabile visto che non si è mai chiarita la provenienza di quelle armi. E neppure la ragione di quell’arsenale conservato in casa: quale scopo avrebbe avuto?
Le pistole Beretta e Astra con le munizioni sono state scoperte all’interno di uno scatolone custodito a Camin in via Vigonovese nell’alloggio dell’ex fidanzato di Debora Sorgato, il maresciallo dei carabinieri (in congedo) Giuseppe Verde: gli appartamenti di lui e di lei, compagni nella vita fino a quelle settimane ma non conviventi, si affacciano sullo stesso pianerottolo (ora l’abitazione di Debora è oggetto di un procedimento di esecuzione per pagare il risarcimento alla famiglia di Isabella Noventa). Il pomeriggio dell’8 marzo 2016 era stato il sottufficiale a chiamare i colleghi che hanno sequestrato il materiale. Insieme c’erano anche 124 mila euro suddivise in mazzette, sequestrate e assegnate a Ofelia Rampazzo, la madre di Isabella, sempre come quota parte del ristoro che le spetta (500 mila euro). Intanto l’avvocato Alessandro Menegazzo, difensore della veneziana Manuela Cacco (la coimputata nel delitto Noventa condannata a 16 anni e 10 mesi perché ha collaborato) ha annunciato che impugnerà la sentenza dell’appello in Cassazione. —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova