Rabarama: «Ho perso tutto, casa e opere»

La guerra con gli eredi Vecchiato e la scoperta di un contenzioso con Fisco e banche per 6 milioni
GENESIN - PADOVA - AGENZIA BIANCHI -PROCESSO RABARAMA. DA SX: PAOLO CHIARELLI, PAOLA EPIFANI IN ARTE RABARAMA, ERNESTO DE TONI,
GENESIN - PADOVA - AGENZIA BIANCHI -PROCESSO RABARAMA. DA SX: PAOLO CHIARELLI, PAOLA EPIFANI IN ARTE RABARAMA, ERNESTO DE TONI,

«Ancora stento a crederci...Ho perso tutto: soldi, case, opere. Devo essere autorizzata dal liquidatore del patrimonio (la commercialista Ornella Guarniero nominata dal tribunale) per prendere i soldi anche della benzina e della spesa». Chi parla è Rabarama, all’anagrafe Paola Epifani, scultrice (e pittrice) nota a livello internazionale affiancata dai legali di fiducia, il penalista Ernesto De Toni e il civilista Paolo Chiarelli con il liquidatore Guarniero. Le sue opere (giganti) sono arrivate a quotazioni fino a 450 mila euro, garantendo il fatturato della galleria Vecchiato per l’80%. Oggi è un’artista che vive in affitto, sommersa da debiti per 6 milioni di euro. Tutto a causa della guerra sul piano penale e civile con gli eredi del suo mecenate (il gallerista e compagno di vita Dante Vecchiato, ucciso da una malattia nel 2010 a 54 anni). Una guerra che rischia di costare cara a Rabarama: potrebbe non riuscire a incassare nemmeno quello che le spetta in seguito al crac di due società degli eredi Vecchiato (Cinzia Vecchiato, sorella di Dante, e il marito Roberto Canova), Prisma (già Art Galleries) e Cubo (ex Vecchiato Arte). Il fallimento è stato pronunciato in seguito all’istanza presentata dall’ex legale dei due, l’avvocato-scrittore Romolo Bugaro che vantava crediti. «La mia attività artistica pure sul piano contabile era gestita dalla galleria Vecchiato che mi ha seguita per 15 anni... Ci ho messo un po’ a capire in che disastro fossi finita, tanto che ho dovuto chiedere aiuto a uno psicologo. Io mi occupavo sono di arte» ammette.

Oggi tra Rabarama e gli eredi Vecchiato c’è un doppio contenzioso. A Venezia, davanti al tribunale delle imprese, i due avevano citato l’artista contestandole il mancato rispetto di un contratto di esclusiva. «Un contratto capestro sottoscritto dopo la morte del compagno di cui, negli ultimi tempi, i due non saldavano neppure i modesti diritti previsti» spiegano i legali, «I crediti vantati appaiono chiari e il consulente tecnico nominato dal tribunale sta completando il lavoro». Ma i fallimenti hanno bloccato tutto. «La causa ricomincerà nei confronti dei curatori delle fallite e forse non sarà chiusa: banche e fisco – creditori privilegiati dei Vecchiato che non versarono per conto di Rabarama ritenute d’acconto per 5 milioni e altri milioni di Iva – potrebbero ingoiare tutto, mentre l’artista sta affrontando pesanti sanzioni per quella contabilità gestita da altri». «Rabarama aveva reagito con una denuncia per appropriazione indebita (l’accusa di Rabarama è di essere stata alleggerita di 3.378.000 euro prodotti dalla sua attività). L’inchiesta da Padova è finita a Belluno per tornare a Padova: ora è stata chiusa dal pm Dini ma attendiamo la richiesta di rinvio a giudizio che consente di chiedere il sequestro delle trentina di opere trattenute dai due» denunciano i legali. Intanto la prescrizione va avanti e la somma che l’artista può vantare è scesa di due milioni di euro. Non solo: «Nonostante fallimento e contenziosi, la galleria con sede in via Alberto da Padova funziona». Cinzia Vecchiato e il marito risultano aver ceduto un ramo d’azienda a Tedofra srl di cui è titolare una nipote. «Dai Social ho seguito il trasferimento di alcune mie opere fino in Belgio. Come è possibile?» la disperata protesta di Rabarama che, nonostante tutto, guarda al futuro: «L’arte è la m ia vita».

Cristina Genesin

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