Re Vittorio Emanuele II nel 1867 aggiunge “di Camposampiero”

Massiccia l’adesione al Regno d’Italia votata dai cittadini al plebiscito Forte l’emigrazione nel dopoguerra. Dal 1961 la popolazione cresce 
BELLUCO-FOTOPIRAN-VILLANOVA DI CAMPOSAMPIERO-ORATORIO SANTO ROSARIO MUSSOLINI
BELLUCO-FOTOPIRAN-VILLANOVA DI CAMPOSAMPIERO-ORATORIO SANTO ROSARIO MUSSOLINI

GLI ULTIMI SECOLI

È un lungo periodo di relativa tranquillità, quello della dominazione veneziana, per gli abitanti di Villanova, che dura per oltre tre secoli. Le cose cambiano, e drasticamente, con la caduta della Serenissima e con l’avvento di Napoleone, che in fatto di democrazia partecipativa ha idee alquanto diverse. Con il Codice del 1806 viene introdotto un ordinamento decisamente rivoluzionario nell’impatto, che rompe il secolare legame tra religione e amministrazione, parrocchia e comune, mettendo fine anche al coinvolgimento della gente, inclusi gli strati più umili, nella gestione del proprio territorio: dimissionato d’ufficio il prete, viene istituito il consiglio comunale, i cui membri (peraltro in numero limitato) provengono esclusivamente dai ceti benestanti.

Non è una situazione destinata a durare a lungo, vista l’altalena che nel primo scorcio dell’Ottocento si registra in Veneto tra francesi ed austriaci. Questi ultimi, quando si affermano definitivamente, mantengono comunque l’impianto dell’impostazione napoleonica, rendendola semmai ancora più rigida e non curandosi minimamente di quello che oggi chiameremmo il collegamento con la realtà locale: prova ne sia che nel 1866, quando si tiene il plebiscito per il passaggio con l’Italia, la popolazione vota compatta per l’adesione al neonato Regno.

L’anno successivo Vittorio Emanuele II, per evitare confusioni con le altre non poche Villanova sparse per lo stivale, firma un decreto con cui assegna al paese l’attuale nome di Villanova di Camposampiero.

Da lì in avanti, la storia del posto è la stessa di un’intera provincia che fino al secondo dopoguerra dovrà vedersela con tanta povertà e altrettanta buona volontà: l’economia è di pura sussistenza, basandosi in larghissima prevalenza sull’agricoltura.

Anche Villanova, come l’intero Veneto, deve pagare il suo tributo all’emigrazione di massa che svuota la regione. Per assistere a una vera svolta di tendenza, bisognerà aspettare gli anni Sessanta del Novecento, con il boom di quel “modello veneto” che porta anche qui artigianato, piccola industria e benessere: a partire dal censimento del 1961 la popolazione risulta in continua crescita, consentendo a Villanova dopo tanti secoli di tornare a proporre le sue attrattive, e stavolta non per pochi e ricchi intimi. —



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