Ressa alla messa del prete "comico"

Tremignon di Piazzola, squilla un telefono a messa: «Speriamo sia l’amante». Si fa chiamare "Domenico Don", arriva all’altare in bicicletta, celebra il Natale in una stalla
don Domenico Pegoraro
don Domenico Pegoraro

PIAZZOLA SUL BRENTA. È arrivato da appena sei mesi ma fa già molto parlare di sé. C’è chi lo critica aspramente e chi invece lo apprezza, tanto da venire anche da fuori parrocchia per assistere alle sue omelia. Lui è don Domenico Pegoraro, responsabile delle parrocchie di Tremignon e Vaccarino, unità pastorale in diocesi di Vicenza. Insediatosi i primi di ottobre in queste due frazioni di Piazzola sul Brenta, ha già creato parecchio scompiglio (come riferiva ieri il Giornale di Vicenza) per i suoi modi stravaganti di celebrare la messa. In poco tempo ha rivoluzionato orari delle funzioni, prediche e luoghi delle cerimonie. A Natale, per esempio, ha cercato una stalla e ha voluto che i fedeli andassero ad ascoltarlo al freddo e al gelo, come ai tempi di Gesù. Ma non è tutto, le sue omelie sono, come minimo, originali. L’altra domenica parlando dell’importanza di volersi bene e di non parlare male di nessuno ha esordito così: «Non soffermiamoci a squadrare quello più grasso, più magro, quello più bello o più brutto, non dovete guardare neanche chi ce l’ha più lungo o più corto. Siamo tutti figli di Dio». E qui le risate tra i più giovani sono state difficili da placare. Dai banchi è partito un brusio tra i fedeli, in molti si sono girati a guardarsi gli uni con gli altri convinti di non aver capito bene, qualcun altro è rimasto pietrificato, altri scandalizzati che un don si esprimesse così.

Le fedelissime di una certa età hanno invece fatto finta di nulla, continuando a pregare e dicendo quasi rassegnate, a chi chiedeva loro qualcosa: «È così, non ha peli sulla lingua». In paese, dal giorno del suo insediamento, non si fa che parlare di lui, al bar, nel panificio davanti alla chiesa e pure nel centro Caritas della parrocchia. Uno dei suoi concittadini ci racconta che, appena arrivato, gli avevano sottoposto la necessità di ristrutturare il campanile, ma il parroco in tono secco e deciso ha risposto: «Prima colmiamo la chiesa di fedeli, poi risistemeremo la torre campanaria». E così ha fatto, perché questo sacerdote fuori dalle righe ogni domenica mattina riempie la chiesa di parrocchiani di Tremignon, ma non solo. Ora arrivano pure da fuori per venirlo ad ascoltare. Chi per curiosità, perché il passaparola - si sa - è la miglior propaganda, chi perché gli è affezionato e chi perché dice che la messa celebrata da lui non è per nulla noiosa. Questo omone alto e barbuto, nato a Padova 57 anni fa, ordinato sacerdote nel 1996, in poco tempo ha già attirato molti giovani e pure quelli che da una vita non mettevano più piede nella casa del Signore. Ma non pensate che le sue celebrazioni siano corte. Intanto bisogna arrivare almeno un quarto d’ora prima, perché altrimenti non si trova posto per sedersi e poi le sue messe possono durare anche un’ora e venti, a seconda del suo umore. La cosa strana è che nessuno, ma proprio nessuno si alza per andare via prima. Un po’ forse per paura, perché se dal pulpito vede qualcuno che

vuole svignarsela, don Domenico brandisce il microfono e gli dice che la messa non è ancora finita. E così mentre tutta la gente si gira a guardare il disertore, lui li richiama all’ordine continuando a proclamare la parola del Signore.

Dall’altare poi tiene attiva la memoria dei fedeli … Come fa? Beh, li interroga. A volte quando uno meno se lo aspetta gli chiede a che punto della messa è arrivato, per vedere se è attento, oppure chiede quale passo del Vangelo sia stato letto la domenica precedente. Se poi in chiesa la gente risponde a voce troppo bassa, fa ripetere le preghiere o l’amen, finché il suono non esce chiaro e forte. Ma nemmeno chi si siede negli ultimi banchi la fa franca, perché interpella pure loro. Ogni tanto squilla un cellulare. Lui si ferma, si gira piano e dice al malcapitato di turno: «Risponda pure, speriamo non sia l’amante altrimenti fa brutta figura». “Domenico Don”, così si fa chiamare, perché come ripete, prima è uomo e poi è un prete, ha di certo colpito tutti. Come quando, qualche settimana fa, ha fatto la navata centrale in bici perché era in ritardo per la funzione. La sera prima era uscito a fare baldoria con i ragazzi del paese, ha raccontato.

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