Ricercatrice individua nell’aloe una cura per alcuni tipi di cancro ma mancano risorse e i brevetti sono finanziati da famiglie di malati

Teresa Pecere (nella foto), ricercatrice dell’Università, con cui ha un contratto di collaborazione, ha scoperto che una molecola naturale, l’Aloe-Emodin (AE) che si trova nell’aloe e nel rabarbaro, potrebbe curare alcuni tipi di cancro, ma a causa della scarsità di risorse pubbliche, i suoi brevetti vengono sostenuti dai familiari dei malati. Laureata in scienze naturali e botanica e specializzata in biologia molecolare e cellulare, ha depositato insieme a Giorgio Palù e Modesto Carli, due brevetti internazionali sull’attività AE, acquistati dall’Università. Ma mantenerli costa quasi 20 mila euro l’anno e l’ateneo si trova in ristrettezze. Sono quindi i privati cittadini, spesso persone colpite dal cancro o familiari, a sostenere i brevetti che intanto producono risultati incoraggianti. Nel 2000 la rivista Cancer Research rivela che AE è in grado di colpire tumori come il neuroblastoma. Ma successivamente si scoprono effetti positivi anche su melanoma, carcinoma di Merkell e diversi tipi di tumore al polmone. Ma mentre la comunità scientifica si domanda se AE possa essere la nuova arma contro il cancro, per presentare il dossier al ministero e avviare i trial clinici sui pazienti è necessario condurre studi preclinici e produrre il farmaco, una fase molto costosa per cui un’avvocatessa di Roma si è impegnata a raccogliere 1,5 costituendo una onlus. Ma ne servono almeno il doppio. Sulla questione è intervenuto anche il M5S che ha domandato come mai, malgrado gli efetti riscontrati, AE non sia ancora stato adottato nelle strutture pubbliche come terapia.
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