Rivoluzionò lo shopping nel cuore del Veneto

Il centro commerciale in via Venezia è aperto da ventisette anni
PD 28 maggio 2004 G.M...Centro Giotto e Auchan...(TOSATTO) Centro Giotto e Auchan - Tosatto
PD 28 maggio 2004 G.M...Centro Giotto e Auchan...(TOSATTO) Centro Giotto e Auchan - Tosatto

PADOVA. Piano terra del centro Giotto nel pomeriggio di ieri, giorno festivo ma non troppo, senza offesa per il grande Antonio. Il solito via vai, i carrelloni belli pieni che escono dall’Auchan; Calzedonia brulicante come un panettiere a mezzogiorno; l’edicola, peraltro in paziente attesa di qualcuno che se la rilevi, come da cartello, con il suo tran tran; lo sbrilluccichìo della bigiotteria, giusto in entrata, dove la cordiale Samantha, 29 anni, vende orecchini anche in spagnolo, inglese e francese, se serve.

Non male. Un unico spazio chiuso, l’American Graffiti, che sfornava hamburger delle dimensioni di dischi volanti, e ha lasciato Giotto. E il resto, di ordinaria, commerciale, quotidianità in quel centro commerciale gestito dal Consorzio Centro Giotto, aperto nel 1989, che sfondò subito, apripista della grande distribuzione a Padova e calamita di analoghe aperture in via Venezia. Settanta negozi tutti assieme, all’epoca era la novità delle novità, l’ebbrezza dell’american way of life dei telefilm, lo stupore per la presenza degli stranieri con le loro lingue, i modi, i vestiti diversi. Agli albori del melting pot. Poi i centri commerciali sono spuntati come in una fungaia e ora la novità torna ad essere la botteghetta.

Tornando al lunedì pomeriggio del centro Giotto. Al secondo piano regna per dimensioni PittaRosso, dai mocassini marroni accollati delle suore ai plateau rialzati da smisurati tacchi modello notte in via Sarpi, il tutto sprofondato nell’odore penetrante della plastica; il chiosco tabaccheria dove i gratta e vinci volano, Oviesse, gli altri negozi e il glorioso Bettin, strumenti musicali, aperto nel 1925 nella storica sede in via Dante e poi moltiplicatosi in via Eremitani, a Castelfranco e a Jesolo. Ora lascia la sede al secondo piano e si trasferisce al terzo piano del Giotto, dove ha acquistato i muri di due negozi che diventeranno uno. Davanti alla Feltrinelli che in quest’ultimo anno ha avuto un trend di vendite positivo. E va per la sua strada anche il mercato di Bettin, pur dentro il centro commerciale, perché non è che uno passa a comprare un paio di mutande e un pollo all’Auchan e già che c’è si porta a casa anche un pianoforte a coda. Chi ci va, ha un motivo e una passione. Per inciso, visto che anche per gli strumenti ci sono le mode, in questo periodo vanno per la maggiore gli ukulele e i cajon (parallelepipedo di legno a percussione). Bettin per ora è l’unico ad avere scommesso sul terzo piano del Giotto, e proprio perché forte di una motivata clientela, visto che a guardarsi intorno è un concerto di dolenti note. L’enorme spazio che era occupato da Trony chiuso, lo stesso quello che era del ristorante Ciao, altri sei negozi sbarrati, due dei quali trasferiti in via dei Fabbri (Il mercante dei sogni) e a Mortise. Quattro negozi di telefonia. Il resto è mestamente vuoto, di vetrine e di gente, a parte il negozio di idee regalo. Ma guai a chiedere qualcosa alla signora, titolare o dipendente che sia, lei (come peraltro, pur con modi più civili, tutti gli altri suoi colleghi) non parla, non può parlare. Sembrano tutti addestrati a Quantico: «Facciamo riunioni con il Consorzio Giotto, abbiamo una precisa direttiva di non dire niente, mai, in nessun caso, su nessun argomento». Manco l’articolo che vendete di più? No. E fa intervenire la sicurezza, nei panni di un armadio a quattro ante e due gambe. Niente di meno. Devono avere tutti tanto tempo da perdere. Il segreto così tanto ben custodito (direttore e vice sono irraggiungibili, la segretaria non “confessa manco il proprio nome di battesimo), insomma, il segreto dei segreti è: come sta il Centro Giotto a 27 anni dalla nascita?

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova