Rogo di Londra, adesso è ufficiale: "Gloria e Marco sono morti"

LONDRA. “Le autorità di Londra ci hanno chiamato. Hanno riferito che i dispersi vanno considerati morti. Ora voglio le spoglie di mio figlio, per il suo funerale”. La notizia ha praticamente i crismi dell'ufficialità. Quando il padre di Marco, Giannino Gottardi, ha alzato la cornetta, ha capito che non arrivavano belle notizie. E' finita. L'uomo ora attende che le forze dell'ordine, in particolare i vigili del fuoco di Londra, raggiungano in sicurezza il 23° piano per cercare le spoglie di Marco e Gloria.
Il testamento. «Grazie mamma per tutto quello che hai fatto per me». Poi un ultimo abbraccio, con i pianti soffocati sul petto di Marco e gli occhi chiusi, prima che la stanza venisse occupata dal fumo e divorata dal fuoco.
È il testamento di Gloria Trevisan e del suo fidanzato Marco Gottardi, intrappolati in quello che i media britannici hanno definito l’inferno in terra. È anche il testamento di una coppia che diventa simbolo di una generazione, quella dei giovani laureati in cerca di lavoro, pronti a lasciare il proprio paese per trovare fortuna altrove.
Lontani dalle famiglie e costretti a sborsare 800 sterline al mese per un mini in subaffitto, al penultimo piano di un palazzo al medioevo della sicurezza.
Il giorno dopo la tragedia, con la conta ufficiale dei morti che sale a quota 17, è tutto per le polemiche. C’è un quartiere arrabbiato che guarda lo scheletro annerito della Grenfell Tower, un mostro gigantesco che si staglia sull’orizzonte londinese, uno dei più belli, con Notting Hill da una parte e Holland Park dall’altra. E ancora palazzi. E ancora cantieri.
«Questa terribile tragedia va indagata in modo adeguato», ha promesso la premier britannica Theresa May. Ma intanto per strada infuria la protesta. Soccorsi, sicurezza, assistenza degli sfollati. Nulla è andato come doveva. E il capo della polizia a fine giornata gela tutti: «Speriamo che i morti siano meno di 100».
Per il devastante incendio alla Grenfell Tower finisce sotto accusa il rivestimento del grattacielo di 24 piani. Dalle prime indagini, infatti, è emerso che i pannelli isolanti formati da due fogli di alluminio con uno strato interno di polietilene applicati con la ristrutturazione del 2015 non sarebbero del tutto ignifughi e potrebbero essere la causa della rapida propagazione delle fiamme su tutti i lati del grattacielo e fino ai piani più alti.
Non solo: lo stesso rivestimento copriva edifici teatro di incendi in Francia, negli Emirati arabi e in Australia e in tutti quei casi il rogo aveva finito per avvolgere tutta la struttura. La ditta che ha curato la ristrutturazione del grattacielo del 1974, la Rydon, ha assicurato che i lavori rispettavano le normative anti-incendio. Ma non è finita con la sicurezza. Non ci sarebbe traccia infatti nemmeno di barriere tagliafuoco nei documenti relativi ai progetti di ristrutturazione. Le barriere che avrebbero dovuto proteggere i residenti in caso di incendio non sono citate nei progetti.
Le strade raccontano le storie tristi di chi manca all’appello e la parola “missing” scritta in rosso a caratteri cubitali è un invito continuo a pregare a ogni angolo, a ogni incrocio. Ci sono i volti di Jessica Urbano, 12 anni appena: missing. Di Meriem Elgwahri, poco più che ventenne, un fiore di ragazza: missing. E poi ci sono Marco e Gloria, abbracciati, sorridenti, contenti. Tecnicamente non esistevano nei contratti “ufficiali” della Grenfell Tower, palazzo di 24 piani strappato all’edilizia popolare in nome del business degli affitti. Un incrocio di mondi e culture, un alveare di vite e destini. I fidanzati di Camposampiero e San Stino di Livenza con sudore e sacrificio si erano ricavati il loro piccolo angolo di Londra. E poco importa se quel palazzaccio abitato da pachistani, iraniani e siriani veniva guardato di traverso dalla Londra bene. Il miniappartamento al ventitreesimo piano, per loro, era una reggia. Celebrato più volte in tutti i social network puntando ogni volta sul pezzo forte: il panorama mozzafiato.
Ora, dopo 24 ore a sperare di trovarli ricoverati in qualche ospedale della metropoli, l’avvocato di famiglia dice che speranze non ce ne sono più. Emerge lo spaccato struggente di una famiglia in costante contatto con la figlia sul procinto di morire. Emerge anche il sacrificio di una ragazza di 26 anni spinta a cercare un lavoro migliore di quello che le offre l’Italia per salvare mamma e papà dal destino di una casa all’asta.
«Gloria ha ringraziato i genitori per tutto quello che avevano fatto per lei e, sempre al telefono, ha detto loro addio», ha raccontato l’avvocato Maria Cristina Sandrin, che già ha assoldato periti con competenze di diritto internazionale per tutelare la famiglia Trevisan. Certo ora è difficile pensare al diritto, è una violenza allontanarsi anche solo per un attimo da quell’ultimo disperato abbraccio.
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