Salvate il mosaico di Angelo Gatto dalla demolizione a San Martino di Lupari

Il docente dello Iuav e l’Associazione Dipintori Luparensi a difesa dell’opera dell’affrescatore del Duomo negli anni ’50



Salvare dalla demolizione una parete dipinta dall’artista Attilio Gatto, già autore degli splendidi affreschi del duomo di San Martino di Lupari.

È questo l’obiettivo dell’Associazione Dipintori Luparensi, sostenuta dall’architetto Tullio Cigni che per oltre quarant’anni ha insegnato allo Iuav a Venezia: un’autorità, 600 tesi, tantissimi incarichi, pubblicazioni e relazioni scientifiche in convegni in ogni parte del mondo.

Ora lancia un appello: «Abbiamo già trasmesso il nostro promemoria al sindaco Corrado Bortot, che ha mostrato grande sensibilità ed interesse», sottolinea.

Dove sta il problema? Un’impresa si sta occupando della demolizione di un edificio di via Roma, in centro, dove si trovava l’ex gelateria-pizzeria Sgambaro, chiusa da una ventina d’anni. Su una parete – quasi interamente coperta da un intonaco in plastica in uso negli anni’80 – si può notare in minima parte l’opera di Angelo Gatto, maestro frescatore della scuola italiana avviata da Giotto e Piero della Francesca, che divenne cittadino onorario di San Martino di Lupari nel 2013; Gatto arrivò qui appena trentenne, ad inizio degli anni’50, per realizzare gli affreschi del duomo e trasformare un’opera fino allora incompiuta in un vero e proprio capolavoro. «Sulla parete esterna che si affaccia sulla strada», spiega il professore, «sono presenti alcuni mosaici vetrosi, ideati ed eseguiti a cura del pittore e artista. Si tratta della rappresentazione, come ricordano molti residenti, della figura intera di un arlecchino e di un pulcinella. Inoltre, sulla pavimentazione dell’ingresso, sono state realizzate con ritagli di marmo colorato altre due figure simboliche: un gambero, con chiara allusione al nome della famiglia committente, gli Sgambaro; e poi il gatto, in marmo nero, evidente citazione autografa dell’artista. Sono reperti», sottolinea Cigni, «di grande valore storico e artistico, che sarebbe doveroso conservare e trasmettere alla comunità e alle future generazioni». L’architetto ha già immaginato come si potrebbe recuperare la parete, addirittura valorizzando l’intervento costruttivo che verrà sviluppato dopo le demolizioni: «L’aspettativa della gente», spiega, «sarebbe quella di mantenere la parete, nella parte coperta di mosaico ed oggi intonacata per la gran parte nella sua sede, tolto il piano superiore e la parete non coperta da mosaico, così da corrispondere alla memoria della collettività. Ciò costituirebbe anche un valore aggiunto all’intervento edilizio retrostante dopo la demolizione, rispetto ad un blocco edilizio già previsto nel progetto alquanto distante dai mosaici».

Si tratterebbe di un ulteriore tributo a Gatto, scomparso a marzo dello scorso anno: un artista che seppe farsi apprezzare in tutto il Veneto, in Italia e nel mondo. —
 

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