Salvato mentre stava affogando nel lago di Camazzole, muore a 19 anni dopo 36 ore di agonia

CARMIGNANO. È rimasto troppo a lungo sott’acqua, ha lottato per 36 ore, ma non ce l’ha fatta: il cuore di Gora Mbow ha smesso di battere mercoledì alle 11 in ospedale a Padova, a soli 19 anni.
Aveva raggiunto la famiglia in Italia, dal Senegal, tre anni fa, poi aveva bruciato le tappe e imparato velocemente l’italiano: licenza media a Santa Croce Bigolina, ora lo attendevano gli studi superiori al Rossi a Vicenza. Niente di tutto questo.
Lunedì è andato al lago di Camazzole, non era la prima volta. Non sapeva nuotare, rimaneva sempre dove l’acqua arriva alle ginocchia. «Avevo visto Gora», racconta un ragazzo del Burkina Faso, 16 anni, che vive a San Pietro in Gu e che si trovava alla Busa, «poi uno che era lì vicino ha cominciato a gridare dicendo che non lo vedeva più. Allora sono corso a vedere, l’acqua diventa profonda improvvisamente, ci sono delle buche, ed è anche fredda, io mi sono tuffato e mi sono immerso, ho ripreso fiato e di nuovo sotto, ma niente».
Minuti preziosi che correvano: «Un uomo sui trent’anni, dalla riva, è arrivato, lui è riuscito ad immergersi meglio e a recuperare Gora, che era privo di sensi. Lo ha portato a riva, gli ha praticato il massaggio cardiaco, intanto la sua compagna chiamava i soccorsi».
Da Padova è arrivato l’elicottero del Suem, il giovanissimo è stato trasferito in ospedale, dove si è spento mercoledì.
Gora viveva con la famiglia in via Roma a Carmignano. Palazzina con tanti appartamenti, i genitori vivono il dolore confortati dalla comunità africana. Si fanno coraggio, in mezzo a tanti bambini che giocano e sorridono nonostante il senso di tristezza che incombe.
«Così è la vita», scuote il capo il padre, Elhadji, 48 anni, in Italia dal ‘99, operaio in una fabbrica di Pozzoleone (Vi), che indossa una maglia che celebra gli scudetti della Juventus. Gora era il primo dei suoi cinque figli, due di loro sono nati in Italia, solo una è rimasto in Senegal.
La mamma, Kinie Tham, sistema la casa, accoglie i tanti che vengono a portare solidarietà. Arriva un amico: «Lo Stato dovrebbe predisporre dei sistemi di sicurezza, quel lago è pericoloso».
Il papà ascolta, e torna sui ricordi, era orgoglioso del suo primogenito: «Era tanto bravo, educato, intelligente. Mi aiutava, si era preso il primo diploma, un bel talento nella lingua, e lo avevo iscritto al Rossi, avrebbe iniziato a settembre: aveva la passione della meccanica e delle auto. Facciamo tanti sacrifici, anche per aiutare chi è in Senegal e non ha nulla, Gora era bravo, era un aiuto importante. Faremo una preghiera qui e poi lo porteremo nella terra madre».
Un ragazzo bellissimo, come tutti i fratelli, il più piccolo ha 5 anni e occhi di infinita vitalità. «Era bello, ed era bravo, un bravo ragazzo», conclude il padre. E poi, quasi chiedendo scusa: «Così è la vita».
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