Sanità, il Veneto vuole correggere i ticket

Non convince quanto stabilito dalla manovra finanziaria (10 euro per le ricette specialistiche e la diagnostica, 25 per i codici bianchi al Pronto soccorso), anche perché non compensa i tagli al Fondo sanitario nazionale. Si lavora a uno schema alternativo che prevede il versamento di 2 euro per ogni tipo di ricetta e di 10 euro per tutti i codici di soccorso (a eccezione del rosso delle emergenze)
Domenico Mantoan
Domenico Mantoan
VENEZIA. Non c'è pace per la sanità veneta. Neanche il tempo di festeggiare la chiusura in attivo del bilancio e i ticket introdotti dal Governo (in vigore a partire da domani) costringono i manager della Regione a rifare precipitosamente i conti: la "stangata" prevista dalla manovra Tremonti - 10 euro per le ricette specialistiche e la diagnostica, 25 per i codici bianchi (minima urgenza) del pronto soccorso - dovrebbe compensare le Regioni dei tagli al Fondo sanitario nazionale, ma secondo gli amministratori veneti (fin dall'inizio contrari al provvedimento) non sarà affatto così. Di qui l'esigenza di riformularli, introducendo correttivi che garantiscano risorse invariate al welfare e maggiore equità nel prelievo agli utenti.


Lo schema alternativo emerso dalla riunione tra l'assessore Luca Coletto e il segretario Domenico Mantoan, prevede il versamento di 2 euro per ogni tipo di ricetta e di 10 euro per tutti i codici di soccorso (ad eccezione del rosso, l'urgenza cui in genere segue il ricovero) con esenzione delle categorie protette - bambini, disoccupati, pensionati sociali e al minimo, invalidi e malati cronici, portatori di patologie rare - e degli screening destinati agli acuti. Attenzione: l'operazione richiede l'assenso della giunta di Luca Zaia e del consiglio; con molte probabilità andrà in porto ma non prima di fine agosto-inizio settembre.


Nel frattempo, da domani (salvo lievi slittamenti tecnici) i cittadini veneti pagheranno i ticket previsti dalla manovra di Governo, che è diventata legge dello Stato. E laddove - il caso di Padova - è già previsto il «contributo» su alcune prestazioni ospedaliere, la nuova gabella si sommerà alla precedente.


Qualche cifra. I tagli al Fondo sanitario (cioè al budget che il dicastero della Salute destina alle Regioni) ammontano a 487 milioni nell'anno in corso e a 811 milioni per il 2012. Per le casse venete ciò si tradurrà, complessivamente, in circa 90 milioni di mancati introiti. Secondo il ministero dell'Economia, l'applicazione dei ticket tapperà questa falla: «Noi dubitiamo che sarà così», ribatte Mantoan «anzi, siamo convinti del contrario». Perché? I tecnici di Palazzo Balbi rispondono che l'anno scorso gli ospedali veneti hanno registrato circa 576 mila codici bianchi (corrispondenti ai casi più lievi): gravarli di 25 euro significherebbe "indurre in tentazione" molti pazienti, ovvero spingerli a "esternare" sintomi da codice verde (lo step successivo e gratuito) creando situazioni di oggettivo disagio a medici e infermieri. Sul fronte delle ricette - 8,12 milioni quelle non esenti nel 2010, 13 milioni quelle esenti - il rischio immediato è quello di una fuga verso i poliambulatori privati, non gravati da ticket sulle prescrizioni specialistiche e perciò fortemente concorrenziali, con conseguente danno al sistema pubblico.


«La volontà è quella di chiedere una piccola somma a tutti, spalmando i sacrifici per evitare che categorie sfortunate, come i cronici, siano penalizzate», commenta Domenico Mantoan. Non sarà una crociata solitaria, quella del Veneto. I contatti avviati con i partner "virtuosi" (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Marche) hanno rivelato una mappa frastagliata. Chi si oppone decisamente, chi ha deciso di "congelare" gli aumenti, chi li applicherà parzialmente e chi, infine, sarà costretto a introdurli alla luce dei piani di rientro sottoscritti per far fronte al debito. Emerge, comunque, la volontà comune di riformare il sistema dei ticket: gli assessori, in primis Coletto in veste di coordinatore della sanità alla Conferenza Stato-Regioni, ne discuteranno mercoledì col ministro Fazio; e il 26 luglio, a Roma, è prevista una riunione operativa dei top manager regionali.


Non si tratta di una questione puramente contabile. La maggioranza Lega-Pdl che regge il Veneto, rifiuta di sacrificare quote di consenso (già traballante) alla scure governativa, tantomeno in un comparto, la sanità, dove le carte sono in regola. Teme che i contribuenti finiscano per attribuirle il ruolo ingrato dell'esattore, anzi, del "sostituto d'imposta" del Tesoro. La parola d'ordine, perciò, diventa "discontinuità". Per evitare brutte sorprese finanziarie. Per scongiurare i fulmini di una comunità impoverita, inquieta e delusa.

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