Scatta la rivolta contro la pesca di frodo

DUE CARRARE. «I pescatori di frodo che arrivano in massa dalla Romania, più precisamente dal Distretto di Tulcea dove sulle acque del Delta del Danubio, diventato patrimonio dell’Unesco, la pesca è severamente bandita, stanno devastando l’ecosistema dei nostri fiumi». A lanciare l’allarme sono i pescatori padovani affiliati alla Fips (Federazione italiana pesca sportiva) che di notte insieme a volontari escono sulle rive dei canali per controllare quello che definiscono un «furto di pesce non più tollerabile a cui nessuno sembra voler porre rimedio». «Due giorni fa a Due Carrare, sul canale di Cagnola, i carabinieri con l’aiuto dei volontari hanno recuperato una rete lunga oltre 300 metri con più di 100 chili di pesce», denuncia un volontario. «Si trattava per la maggior parte di carpe piene di uova e siluri che sono stati poi liberati. Sotto il ponte dell'idrovora Madonnetta a bordo di una barca c’erano tre bracconieri romeni che sono riusciti in fretta e furia a riportare a bordo un’altra rete che avevano teso nel canale e a far perdere le tracce fuggendo a tutto gas in direzione di Bovolenta».
Fatti analoghi sono successi nei giorni scorsi sul canale Bisatto a Este e sull’idrovia Padova- Venezia in territorio di Saonara dove sabato in pieno giorno due pescatori di frodo dell’Est, dopo il sequestro delle reti, sono stati multati. Da più parti viene chiesto un maggiore controllo dei fiumi da parte delle forze di polizia. Soprattutto della Polizia Provinciale nei tratti di competenza. «La situazione è giunta al limite e l’arrivo anche a Padova dei lipoveni è un fatto molto grave per la salute già compromessa dei nostri corsi d’acqua», rincara un pescatore padovano che pretende l’anonimato e rivela anche il perché. «Si tratta di personaggi che girano armati e abbiamo paura di pesanti ritorsioni, com’è già accaduto a un pescatore di Rovigo due settimane fa. Qui nel Veneto e in Emilia Romagna hanno trovato terreno fertile per i loro loschi commerci vista la mancanza di controlli da parte delle forze di polizia soprattutto la sera e la notte». Il fenomeno è presente da tempo sulle acque del Po e dei canali limitrofi, sia in provincia di Rovigo che in quella di Ferrara. I pescatori sportivi polesani e ferraresi hanno chiesto un inasprimento delle sanzioni fino ad arrivare alla condanna penale per danno ambientale e al blocco delle licenze professionali rilasciate secondo i colleghi padovani «in maniera sconsiderata». Per arginare il problema chiedono l’installazione di sbarre sulle sommità arginali e l’allargamento delle cosiddette zone di pesca “no kill”. Un altro aspetto poco chiaro è la destinazione del pesce pescato nei fiumi veneti ed emiliani. «I quintali di pesce che viene rubato dalle nostre acque interne viene mandato in Romania ma anche immesso nel mercato italiano privo di alcun controllo sanitario e in condizioni igieniche molto rischiose per la salute. È ora che questo scempio finisca».
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