Scegliere colture a cui serva poca acqua

I suggerimenti dell’esperto: mantenere la rotazione e pensare a piante diverse, come orzo e canapa

PADOVA. Di fronte alle sempre più frequenti emergenze climatiche vanno messe a punto anche nuove tecniche colturali per limitare i danni e proteggere l’attività agricola. Da tempo gli esperti lo vanno ripetendo: se il clima cambia anche l’agricoltura deve adattarsi e gli imprenditori devono cambiare approccio. Come? Lo abbiamo chiesto a Paolo Minella, responsabile Ambiente di Coldiretti Padova. «La siccità è uno dei problemi più sentiti degli ultimi anni» spiega il tecnico «soprattutto per le colture più estese, come il mais e gli altri seminativi. Anzitutto la regola aurea per ridurre il rischio di perdite ingenti è non abbandonare la rotazione delle colture. Non è più pensabile la monocultura, il mais va alternato a barbabietole, soia, grano e orzo. Poi va incrementata anche la presenza di colture che resistono meglio di altre alla penuria d’acqua. Ad esempio i cereali autunno vernini, come il grano tenero o anche l’orzo distico, che può essere usato per la produzione della birra artigianale, attività in ripresa in Veneto. Ben venga anche il ritorno della canapa, una pianta che resiste bene alla siccità. Ha bisogno di pochissima acqua e non richiede trattamenti chimici con diserbanti. Costa meno dal punto di vista energetico ed è adatta come prima coltura in rotazione, succeduta da mais, frumento e bietola. La resa è simile al mais e gli usi sono svariati, dalla bioedilizia agli alimentari». Anche la tecnologia viene in aiuto, ma servono investimenti importanti. «Per aziende mediograndi ci sono tecniche di irrigazione a basso consumo idrico e basso impatto ambientale, con pochissimo dispendio di acqua. Speciali manichette vengono poggiate sotto il suolo, a circa 50 centimetri di profondità. Durano diversi anni e rilasciano l’acqua direttamente alle radici delle piante. Anche l’impianto pivot ad ali gocciolanti a bassa pressione abbatte i consumi di acqua».

Nei terreni soggetti ad allagamenti che fare invece? «Purtroppo le piante sott’acqua resistono all’asfissia al massimo due o tre giorni. Dopo di che si può solo riseminare, se si fa in tempo. Nelle aree golenali andrebbero privilegiate le colture da legno, come i pioppeti, per la produzione di biomassa a uso energetico. La priorità resta quella di far defluire l’acqua il più velocemente possibile, perché neppure frutteti e vigneti resistono al ristagno prolungato».

E per la grandine? «In caso di grandinate precoci, ad aprile e maggio, la soia resiste meglio del mais perché ha capacità di sviluppare velocemente il nuovo apparato fogliare e quindi recuperare produzione. Per frutteti e vigneti le reti antigrandine funzionano meglio dei “cannoni” che non hanno dato i risultati sperati, a parte qualche eccezione. Gli ortaggi invece sono molto più esposti alla grandine, però è possibile recuperare la produzione in 50-60 giorni piantando le varietà precoci». (n.s.)

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