Sclerosi multipla, stop alla sperimentazione del metodo Zamboni al Sant'Antonio
PADOVA. E' accusato di aver fatto la spia, di aver reso noto il risultato di una ricerca che però di fatto, non ha ancora iniziato. Giampiero Avruscio, direttore dell'Angiologia dell'ospedale Sant'Antonio, era a un passo dal dare avvio alla prima sperimentazione padovana del controverso metodo Zamboni, tecnica che studia la correlazione tra sclerosi multipla e Ccsvi (insufficienza venosa cronica cerebrospinale). D'un tratto la doccia fredda: il legale rappresentante del comitato del Centro promotore di Brave Dreams, questo l'acronimo della sperimentazione, ha inviato una nota al direttore generale dell'Usl 16, Adriano Cestrone, con cui “scarica” Padova e Avruscio. L'accusa è pesante: l'angiologo (uno dei pochi in Italia che avrebbe svolto questa sperimentazione all'interno della rigida sanità pubblica) avrebbe giocato sporco, rilasciando un'intervista in cui, secondo l'accusa, avrebbe spifferato il risultato della sperimentazione.
Avruscio non si capacita di una tal decisione, dato che – sostiene – non avrebbe mai potuto rivelare informazioni che ancora non ha. La sperimentazione padovana (dovevano essere arruolati trenta pazienti) infatti è stata fermata ancor prima di partire.
Eppure Gabriele Rinaldi, legale rappresentante del Centro promotore di Brave Dreams, ha scritto a Cestrone parole durissime: «Con la presente», scrive Rinaldi, «si comunica la decisione dello Steering Committee dello studio di escludere il Centro di Padova come partecipante. Il professor Giampiero Avruscio ha contravvenuto a quanto disposto dal paragrafo 14 del protocollo dello studio Brave dreams, che vieta la pubblicazione dei risultati della sperimentazione sui media».
Prima le parole dure del presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale del Veneto, Leonardo Padrin, ora, sempre a Palazzo Ferro-Fini, sul caso anche un'interrogazione presentata dal consigliere dell'Idv Antonino Pipitone.
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