Un prof su 10 ha chiesto il trasferimento: «A Padova la vita è troppo cara»
In aumento le richieste degli insegnanti al ministero per l’anno scolastico 25-26 rispetto a quanto accadeva in passato. Cambiati i criteri che consentono la possibilità di scegliere un altro istituto. Si rischia un grosso buco nelle docenze

Voglia di cambiare scuola. Voglia di tornare a casa, al sud, dove la vita è meno cara. A Padova e provincia sono in aumento rispetto agli scorsi anni i maestri e professori che hanno fatto richiesta di insegnare in un altro istituto, soprattutto nel meridione, per il prossimo anno scolastico 2025-26. Le domande di trasferimento inviate entro il 25 marzo, come da normativa ministeriale, sono state 1.005 su un totale di 9.147 docenti di ruolo, pari all’11%.

Le richieste più numerose sono quelle dei professori delle scuole superiori. Sono 477 su 3.163, pari al 15%. Seguono quelle della scuola primaria: sono 243 su 3.254, pari al 7%. A seguire le domande dalle scuole medie, che sono 223 su 2.248 (10%), mentre quelle provenienti dalle scuole materne statali (di cui non fanno parte le comunali di Padova, ritenute quindi paritarie ma comunque pubbliche) sono 62 su 482, pari al 13%.
Secondo gli addetti ai lavori circa il 70% ha fatto la richiesta di trasferimento per tornare a vivere, sebbene siano diventati di ruolo da anni nelle scuole del Veneto e, nello specifico, di Padova e dei paesi della provincia, nelle località del sud, dove sono nati e cresciuti e dove il costo complessivo della vita è decisamente inferiore a quello del nord.
Le domande di trasferimento nelle regioni meridionali, inoltre, sarebbero diventate di più rispetto al passato perché proprio quest’anno sono cambiati i criteri delle motivazioni richieste all’interno della nuova normativa vigente, specialmente quelli relativi alle cosiddette deroghe.
In pratica da quest’anno si hanno più punti per i docenti che hanno figli (sino a 16 anni e non più sino a 14), per l’assistenza ai genitori (che scatta dai 65 e non più dai 75 anni) e per la validità della legge 104, che viene estesa anche alle sorelle ed ai fratelli.
Naturalmente il «ritorno a casa» di così tanti docenti (il fenomeno riguarda anche il personale Ata, quindi i collaboratori scolastici) rischia di creare anche nelle scuole padovane un grande buco tra le cattedre, visto che dovrà essere assunto un gran numero di nuovi docenti, di ruolo o come supplenti annuali.
Scontato il dibattito a tutto campo fra gli addetti ai lavori e tra i sindacati. «Il potenziale esodo degli insegnanti che nel corso degli anni sono venuti a lavorare al nord è una questione di salario e di condizioni di vita – spiega Angelo Zuppardo, docente al Pertini di Camposampiero, residente a Cadoneghe, originario di Gela (Caltanisetta) – Lo stipendio medio di un insegnante non consente più di prendere in affitto un’abitazione dignitosa, che costa sempre più cara. Vale sia per un docente di ruolo e sia, ancora di più, per un supplente annuale, che è precario. Al nord si pagano di più i generi alimentari, le uscite in pizzeria o al ristorante».
«Quando ai docenti meridionali si concede un’opportunità in più per tornare a lavorare e a vivere dove sono nati e cresciuti, è ovvio che siano in tanti a dire addio Padova – continua Zuppardo – È necessario affrontare una volta per sempre il delicato tema del salario per i docenti e per gli Ata. Altrimenti sarà sempre più difficile reperire al nord tutti gli insegnanti che servono».
Breve il commento della segretaria della Cgil Scuola Mara Patella: «Alcuni docenti vorrebbero portarsi al nord anche i genitori anziani. Purtroppo effettuare il tanto desiderato ricongiungimento familiare in una città cara come Padova diventa difficile, se non impossibile. Le case costano troppo. Gli affitti sono alti. Quindi accade il contrario. Cresce il numero dei docenti che decide di lasciare Padova per tornare alle radici».
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