Sei delitti nel padovano: avvisaglia di un triste primato

In un solo anno, sei omicidi hanno sconvolto il Padovano, accendendo i riflettori sulla crescente insicurezza. Femminicidi, violenza e disagio sociale disegnano un quadro allarmante. Dov’è lo Stato?

Ferdinando CamonFerdinando Camon
L'appartamento a Limena dove è avvenuto l'ultimo omicidio
L'appartamento a Limena dove è avvenuto l'ultimo omicidio

Titolone su questo giornale ieri: «Sei delitti in un anno, la scia di sangue nel Padovano». Mi vengono i brividi. Mi torna in mente quando a Padova, molti anni fa, un cittadino ammazzò a coltellate la propria moglie, e Zanzotto mi telefonò da Pieve di Soligo per dirmi: «Da oggi non abiti più in una piccola città, abiti in una metropoli».

Ci voleva un super-delitto per fare di una piccola città una metropoli. Adesso di delitti la mia piccola città ne ha commessi sei in un anno, cosa siamo dunque, la capitale del mondo? Ma no: fare il male è facile, fare il bene è difficile. E il male crea notizia.

Sono nato in una famiglia contadina, e quando comprammo un televisore lo mettemmo sopra la credenza e alla sera tutti ci sedemmo davanti incantati per guardare il telegiornale. C’era anche mia madre. Sbalordita per la novità: una scatolona parlante ci mostrava tutto quello che era successo quel giorno nel mondo. Milano Roma New York, perfino Chicago che mio padre contadino credeva un nome inventato lì per lì da uno che doveva andare di corsa in bagno, la scatolona televisiva sapeva tutto di tutto il mondo, non si capiva come cavolo facesse.

Quando il notiziario fu finito, mia madre si alzò in piedi, costernata, protestando: «Disgrazie e disgrazie, soltanto disgrazie, ma da qualche parte non è nato un bambino di otto chili?». Quella per lei era la grande notizia da dare. Quella e basta. La nascita di un bambinone di otto chili.

Adesso non abbiamo fatto nascere nessun bambinone da otto chili, ma abbiamo ucciso sei persone in un anno, e dunque? Siamo grandi? Siamo potenti? Zanzotto, siamo metropolitani? Ma no: siamo soltanto assassini. Bovolenta, Villafranca, Vigonza, Piove di Sacco, i ricchi, grandi e gloriosi paesi dove sono avvenuti questi sei delitti, non sono anelli di un paradiso dantesco, sono periferie problematiche dove un’umanità migrante e infelice e appesantita di mille difficoltà sosta cercando di inserirsi, e non sapendo come vivere la propria vita reagisce togliendo la vita agli altri.

Sei delitti in un anno sono tanti. Indica che lì c’è un concentrato di assassini, ti conviene andar via da lì, se abiti lì vendi la casa e vattene. E non tirare troppo sul prezzo, se abiti in un posto dove ci scappano sei delitti all’anno i prezzi delle case scendono, lo capisci anche tu. Questa umanità non vive una super-vita, ma semplicemente non sa vivere.

Naturalmente, tra i sei delitti ci sono anche i femminicidi. Quelli non mancano mai. Uccidere una donna è più facile che uccidere un uomo. La donna è più debole, si difende meno. Mi si riempie il cuore di ammirazione quando leggo che qualche bambino o qualche bambina telefona ai carabinieri per dire: «Venite presto, il papà picchia la mamma». Quel bambino, per quanto piccolo, ha capito una cosa grandiosa: che al di sopra del papà c’è lo Stato, il papà può picchiare la mamma ma lo Stato accorre e porta via il papà.

Sei delitti sono un primato criminale. Siamo un concentrato di assassini. Dov’è lo Stato? 

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