«Senza personale, ho infine chiuso il negozio». Viaggio nella Padova che non trova lavoratori

Botteghe, ristoranti, agenzie: quando le assunzioni diventano impossibili. «Ai giovani interessa il tempo libero, meno la mansione»
Daniela Gregnanin

PADOVA. Personale cercasi in tutti i settori e in tutta Italia: questa la nuova emergenza che ha colpito il nostro Paese; e Padova è in linea con questa necessità nazionale. Tanto che c’è chi ha deciso di dilatare la chiusura del negozio, perché non ha personale a sufficienza per turnare.

Al giorno d’oggi pare che siano in pochi, pochissimi a cercare lavoro. Ma non solo: l’impiego deve essere per così dire “personalizzato”, calzare a pennello con le proprie esigenze, sennò al possibile datore viene dato un sonoro due di picche.

«La prima cosa che mi chiedono è se si lavora nel weekend, quale sia la paga e se sia possibile fare il part-time per poter andare in palestra o magari a frequentare qualche corso di lingue. Nessuno vuole fare gavetta o rinunciare al proprio tempo libero e alle abitudini di relax che i vari lockdowns hanno fatto scoprire. Noi cerchiamo da qualche mese un addetto alla vendita ma ci siamo stufati di persone poco serie e che hanno poca voglia di fare», racconta Alberto Cisotto, titolare di un negozio di formaggi e salumi sotto il Salone di Padova nello storico Palazzo della Ragione.

«Dopo mesi di ricerca al momento ci ho messo una pietra sopra e complice anche l’estate ho deciso di chiudere un intero giorno: il lunedì, perché da soli io e la mia famiglia non possiamo fare tutto. Preferisco perdere l’incasso che sentirmi fare domande assurde: pare che nessuno abbia più voglia di imparare un mestiere o sia disponibile a fare qualche sacrificio, sebbene questo impiego sia ben retribuito».

E le agenzie di impiego confermano. «Noi riusciamo a evadere un terzo delle richieste con la nostra accademia», spiega Giovanni De Giglio che da poco meno di tre anni ha dato vita a “Ore 8: 00 Accademy”, una scuola di preparazione con tanto di diploma per il settore horeca (hotel, ristorazione, catering e caffè) che va a formare o a preformare personale come: camerieri ai piani e di sala, cuochi, receptionist, addetti alla spa e molte altre figure professionali del settore dell’ospitalità.

«Ogni settimana riceviamo in media venti telefonate da titolari d’alberghi, bar e da tutto il mondo dell’hospitality, ci raccontano la disperazione e la paura di dover chiudere a causa dell’impossibilità di reperire lavoratori». L’accademia collabora con l’Università degli Studi di Padova, Enaip Veneto e altri enti bilaterali che s’impegnano a mandare in questa scuola speciale giovani diplomati, disoccupati e persone che hanno perso il lavoro.

«Garantiamo in due mesi la preparazione adeguata tramite corsi che raggiungono le 40 ore durante le quali o formiamo da zero una persona o andiamo a ottimizzare il personale che ci viene mandato da vari titolari, affinché possa diventare maggiormente esperto nelle varie mansioni. Quello che posso dire è che l’80% dei titolari non trova personale e noi siamo tempestati di richieste che non possiamo soddisfare. Manca quella manodopera dell’est Europa che è impossibilitata a causa delle guerra in Ucraina a venire in Italia e che garantiva la stagionalità, mancano soprattutto i giovani, che poi sono quelli che davvero dicono di no e se lavorano lo fanno per vivere, pagarsi qualche sfizio e basta perché al resto ci pensano mamma e papà. Le richieste, appena si siedono davanti a me sono: il weekend libero, le ferie e il salario, della mansione poco importa. Invece la musica cambia quando abbiamo di fronte uomini e donne tra i 30 e i 60 anni che davvero cercano un lavoro per pagare i conti e vivere». L’accademia a fine percorso rilascia un diploma, una certificazione e si fa da garante tra il dipendente e il datore di lavoro sia per il numero di ore da svolgere, che per il salario che come paga base prevede uno stipendio di 1. 200 euro. «In questo settore si è fatto l’errore di sfruttare e mal pagare il personale».

«Noi siamo sotto del 30%», commenta Antonio Pistritto del ristorante Isola di Caprera, in pieno centro storico, «Stringiamo i denti perché dopo la pandemia, e piuttosto che chiudere, possiamo affrontare anche la mancanza di personale e da quello che vedo in giro la nostra attività purtroppo è in buona compagnia». Anche per questo ristoratore alla ricerca di personale qualificato e non, i problemi sono da imputare ai due anni appena trascorsi che al settore hanno causato non poche grane. «Dal mio punto di vista con il Covid le persone che lavoravano nell’horeca, durante la pandemia hanno cercato lavori più continuativi e sicuri, decisamente a prova di virus. E hanno preferito mansioni dove i weekend fossero liberi ed evitato impieghi a turni; noi abbiamo subìto la perdita più grave e di certo l’attuale applicazione di reddito di cittadinanza e naspi non incentiva a cercare un lavoro. Anche a me chiedono subito l’importo del salario, se sia necessario lavorare nel fine settimana o a turni, queste domande sono in antitesi con quello che cerchiamo»

Ma il settore dell’ospitalità va a braccetto con quello del commercio al dettaglio, le commesse sono diventate merce rara. M. C. titolare di alcuni negozi d’abbigliamento in città che gestisce con i familiari, lamenta la medesima situazione: «Da noi le commesse stanno diventando preziose come l’aria. Si stancano, cercano realtà d’ufficio o posti vicino a casa, del resto le nostre venditrici vengono tutte da fuori Padova e quindi anche i costi e il tempo di percorrenza incidono sulla scelta di abbandonare il settore. Inoltre rimpiangiamo i voucher perché erano un mezzo flessibile».

«Noi abbiamo 27 negozi in tutta Italia a marchio Xetra, e devo dire che per la sede di Padova abbiamo enormi difficoltà nel trovare un’addetta alla vendita», conferma Giulio Simionato titolare della catena d’abbigliamento made in Italy, «In molte ci hanno risposto che preferiscono stare a casa con il reddito di cittadinanza e addirittura a Chioggia abbiamo chiuso il negozio d’abbigliamento in centro storico che andava benissimo a causa dell’impossibilità di trovare personale. Ora confidiamo che nella città del Santo avvenga un miracolo: trovare qualcuno con voglia di fare e professionalità pronto ad accettare un lavoro a tempo indeterminato».

Biglietti piccoli o grandi, se si gira per Padova, si trovano con una frequenza elevata ben appiccicati alle vetrine; i titolari sperano che qualcuno varchi la porta e sia pronto a rimboccarsi le maniche. Daniela Gregnanin

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