Si amputa la mano con lo spaccalegna Arto reimpiantato, e ora muove le dita

Azienda ospedaliera, eccezionale intervento in piena emergenza Covid. Bassetto: «Perfetta filiera organizzativa»

In piena emergenza Covid, quando era complicato organizzare qualsiasi banale intervento di routine, la Chirurgia plastica dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova diretta dal professor Franco Bassetto ha effettuato una delicatissima operazione per riattaccare la mano a un anziano del Veneziano che se l’era amputata con uno spaccalegna. Un intervento eccezionale per il contesto in cui è avvenuto ma anche per il risultato: a distanza di 50 giorni, infatti, l’uomo sta riacquistando la totale funzionalità dell’arto. In sala operatoria sette chirurghi e due équipe multidisciplinari con ortopedici, anestesisti e infermieri altamente specializzati.

l’incidente

L’infortunio risale a un pomeriggio di fine aprile. In pieno lockdown il pensionato sessantaquattrenne come tutti per passare il tempo si dedica ai lavori in casa e in giardino. Quel giorno decide di tagliare la legna avvalendosi di uno spaccalegna. Una distrazione fatale e in un attimo si trova con la mano destra amputata a livello distale dell’avambraccio.

la corsa in ospedale

L’uomo viene soccorso dai familiari: con estrema lucidità, portando con sé la mano amputata, raggiunge il Pronto soccorso di Mirano. Qui, una volta stabilizzato il sanguinamento e dopo il tampone che ne rileva la negatività al Covid, viene organizzato il trasferimento immediato nella Chirurgia Plastica di Padova. L’arto amputato viene conservato a bassa temperatura nel ghiaccio per mantenere, seppur per poche ore l’integrità dei tessuti. Il reimpianto può essere effettuato entro sei ore.

l’intervento

L’ospedale di Padova si organizza per accogliere il paziente, in una vera corsa a ostacoli: bisogna fare in fretta ma ci sono anche tutte le norme prevenzione contro il coronavirus da osservare. In campo due équipe chirurgiche, una per preparare l’arto amputato e l’altra il moncone per il reimpianto. L’intervento inizia alle 18.30 e termina quasi sette ore più tardi, all’1.20. Il primo operatore è il professor Cesare Tiengo, responsabile dell’Unità di Chirurgia della mano e Microchirurgia. Si procede alla sintesi ossea di radio e ulna con mezzi di sintesi interni e alla riconnessione di tutte le strutture tendinee flessorie ed estensorie, nonché alla ricostruzione microchirurgica dei nervi periferici e delle strutture vascolari arteriose e venose ottenendo il reimpianto completo della mano amputata. In sala operatoria 2 chirurghi ortopedici e 5 chirurghi plastici ricostruttivi, 3 anestesisti e 6 infermieri. Il professor Tiengo esegue il laborioso reimpianto, la cui principale difficoltà tecnica è rappresentata dal tempo limitato a disposizione per riperfondere l’arto e dal calibro esiguo delle strutture vascolari e nervose da riconnettere tra loro che ha richiesto l’utilizzo di una sofisticata strumentazione e di avanzate competenze microchirurgiche. Nei giorni seguenti il paziente viene monitorato dai medici che riscontrano la vitalità della mano con la progressiva mobilizzazione attiva delle dita: dopo sei giorni le dimissioni.

la riabilitazione

«Dopo un periodo di intensa riabilitazione assistita, a 50 giorni dall’intervento» osserva il professor Bassetto, «possiamo ipotizzare che l’uomo possa ritornare a compiere, nell’arco di alcuni mesi, le normali attività manuali. Un risultato superiore a qualsiasi protesi, anche la più efficiente perché non può garantire la sensibilità. In questa situazione devo dire che ha giocato un ruolo determinante la perfetta filiera organizzativa della sanità veneta anche con le difficoltà e i vincoli legati all’emergenza».

Nella Chirurgia Plastica di Padova vengono eseguiti oltre 8 mila interventi all’anno e di questi il 20 per cento riguarda la chirurgia della mano; più di mille interventi sono eseguiti in urgenza per cause traumatiche. Molti di questi anche nel periodo del lockdown per numerosi indicenti domestici.

elena livieri

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