Si tuffa nel laghetto delle trote e annega

PIOMBINO DESE. Tragedia ieri notte nel laghetto di pesca sportiva “Parco dei Cigni”, in via Zanganili. Un ragazzo rumeno di 24 anni, Laurentiu Ion Sarsan, è annegato mentre tentava di catturare delle trote che durante la notte vengono tenute in gabbia al centro del laghetto. A dare l’allarme è stato un amico e connazionale con cui la vittima aveva cenato in una pizzeria poco distante; pare che Sarsan avesse ecceduto nel bere. Dopocena l’amico, pur non condividendo quello che voleva fare Sarsan, l’aveva accompagnato al laghetto. Non vedendolo più tornare, alle 22.30 aveva allertato i carabinieri, che hanno raggiunto il Parco dei Cigni e contattato il gestore.
Le ricerche. Sulla riva sono stati trovati i vestiti e il cellulare di Sarsan. Per scandagliare il laghetto sono intervenuti i sub dei vigili del fuoco di Venezia. Erano le tre di notte quando la salma è stata ripescata e portata all’obitorio di Camposampiero, a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il giovane probabilmente è rimasto vittima di una congestione nell’impatto con l’acqua fredda.
La vittima. Sarsan abitava in via Pascoli 68 C con la madre, che fa la badante. Nell’appartamento è ospite un amico di 33 anni. Sarsan aveva compiuto 24 anni il 7 marzo ed era disoccupato. Nella stessa via, al 68, abita l’amico che l’aveva accompagnato al laghetto.
Il gestore del laghetto. «Dispiace per una fine così, ma non si va a rubare», dice Mario Calabrò del Parco dei Cigni. «Avevo chiuso alle 19, ma quando sono arrivati i carabinieri ho aperto il cancello e siamo andati a ispezionare la zona trovando indumenti e telefonino sulla sponda. Ho pensato subito a una disgrazia».
Una persecuzione. Negli ultimi 15 mesi, Calabrò ha presentato ben 6 denunce per furto di trote. «Cioè uno ogni 2 mesi», rimarca, «e ci ho rimesso dai 50 ai 100 chili di trote ogni volta. Perciò, da un po’ di tempo a questa parte, per limitare i danni cerco di tenerne il meno possibile in gabbia». Per entrare nottetempo nel laghetto i ladri, chiunque fossero, seguivano sempre lo stesso copione: giungevano dal retro degli impianti, passando dal ponte sul Dese. Poi costeggiavano l’argine fino alla recinzione e la tagliavano.
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