Sim Sala Bim è già un mito

Al Mago Silvan, per la seconda volta, il premio «Merlin Award»
 
ROMA.
Si premia il professionista, l'uomo di spettacolo, si premia il mito. Silvan è mago e il mago non ha età, né nascita, non subisce le offese del tempo, non soffre il limite, d'illusione vive e giocoforza, se davvero grande, col tempo, diventa egli stesso illusione. Quindi mitologico. Ecco che nessuno sa dare l'età a Silvan, né può dire quando la sua immagine s'è eternizzata passando dallo schermo televisivo all'immaginario nazionale. Lui è il Mago. Cioè quel signore garbato, galante di galanteria demodé, compassato e quasi disincarnato, estraneo alle pene del mondo, cultore delle verità più profonde, quelle che stanno in superficie.  Perché un mago non può non credere con Oscar Wilde che «solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze».  Gli hanno conferito il «Merlin Award», l'equivalente dell'Oscar cinematografico attribuito ai prestigiatori dalla Società Internazionale degli Illusionisti, e per la seconda volta. La prima fu nel 1998, con lui sono 5 i maghi che l'anno avuta per due volte al mondo.  Quindi l'età di Silvan non si può dire (comunque è giovanissimo), si può confermare che è nato a Venezia e che all'anagrafe faceva Aldo Savoldello, reminescenze della sua prima vita, spoglie mortali di quando non era ancora lui. Con quel nome, a Venezia, studiava al liceo e sui palchi si esibiva annunciandosi come il mago Sagibù, iniziali di Savoldello, Gigi (?) e di Bustelli, Ranieri Bustelli, un grande mago degli anni '50.  Suo padre era alto e bello come Rodolfo Valentino, talmente somigliante che lo scelsero per fare da controfigura al divo di Hollywood in un film con la Pampanini a Venezia. La Pampanini s'accorse della magia di quel ragazzo figlio della controfigura e lo chiamò Silvan.  «Rodolfo Valentino era alto un metro e sessanta mentre mio padre era come me, un metro e ottantacinque». Con quel padre giocava a dama e vinceva facendogli sparire le pedine dalla scacchiera. La magia della Pampanini invece non poteva scomparire, gli è rimasta, sfolgorante come allora, «una bellezza paragonabile alla Bellucci di adesso, una donna di una fisicità creatrice. Lei mi battezzò, in un certo senso mi fu madre». Silvan, dal 20 al 30 aprile, sarà al Teatro Vittoria di Roma con il nuovo spettacolo «Sim Sala Bim», prima, il due marzo, sarà a Las Vegas ospite d'onore al galà del «World Magic Seminar» per ritirare l'ambito riconoscimento, quindi, di ritorno, a Viterbo e a San Marino.  L'uomo dell'illusione ha una vita concretissima, soffre la costrizione delle 24 ore - «vorrei che il giorno ne avesse 30 o 50» - studia testi di magia egizia, ne scrive di suoi, compulsa e aggiorna il suo repertorio di 2850 «grandi numeri», nei suoi studi è andato indietro di 4500 anni, alla corte dei faraoni. Dalla sua casa sul Gianicolo vede villa Pamphili, «Mameli morì lì - dice - in quella casa mentre gli tagliavano le gambe. Mentre Houdini non morì annegato, ma di peritonite».  Conseguenze di un pugno nello stomaco, esattamente.  «Ma la magia, prima di esser francese e americana, fu cosa nostra. Nel '700 eravamo noi italiani i maestri meglio accreditati presso le corti europe. Il mago Giuseppe Pinetti di Orbetello ispirò il francese Robert Houdin che nel 1850 si esibiva al Palais Royal, e che non va confuso con Harry Houdini. Alla fine del secolo primeggiava Bartolomeo Bosco di Torino, solo dopo vennero gli Harman e i Keller statunitensi. Il premio che mi danno è un grande onore all'Italia».

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