Social, punizioni e giochi pericolosi, la Chiesa dà 12 regole agli educatori

PADOVA. Le flessioni per punizione, qualche battuta border line, una spruzzata di goliardia, attività non sempre in sicurezza. Nei patronati “ruspanti” di una volta, o in certi contesti associativi, si chiudeva un occhio e mezzo sul metodo e sulla forma. L’entusiasmo e la disponibilità degli educatori sopperivano a eventuali lacune e il contesto bastava a tranquillizzare i genitori. Ma oggi la passione non basta più.
Così più di due anni fa il vescovo Cipolla ha chiesto che il Sinai - il Servizio di informazione e di aiuto per le persone fragili, nato in seno alla diocesi a febbraio 2017, dopo lo scandalo a luci rosse di don Contin - si occupasse anche della tutela dei minori e della loro educazione. È nato così, con un lavoro di oltre due anni che ha coinvolto esperti di vari settori, il vademecum sulla “Attività educativa con i minori - linee guida per responsabili, educatori e animatori”. Un documento innovativo, presentato ieri, con cui la Chiesa di Padova vuole qualificare la sua offerta a favore di bambini e ragazzi. Già disponibile nel sito giovanipadova.it, il libretto sarà presentato con due incontri su Zoom il 20 gennaio e il 23 febbraio (ma bisognerà iscriversi).
Quanto ci tenga il vescovo, lo si capisce dalle parole scelte per presentare l’iniziativa: «È un testo che offriamo come contributo ma che con il tempo diventerà una disposizione ufficiale». Come dire: il vescovo esige che si faccia così. «L’educazione è centrale per noi», aggiunge, «ci qualifichiamo in questo servizio, vogliamo essere dalla parte dei bambini e aiutare gli educatori a essere all’altezza».
I numeri, peraltro, impongono la massima attenzione. Nel 2019 (ultimo anno attendibile, prima della pandemia) sono stati 35 mila gli iscritti ai Grest, 22.500 i tesserati in attività parrocchiali, 3.500 gli iscritti all’Azione cattolica, 4 mila gli scout. In più ci sono il catechismo, le attività sportive e tutte quelle iniziative dei patronati che sfuggono alla conta. «C’è un mare di bene che passa dai patronati», dice don Leopoldo Voltan, vicario per la Pastorale giovanile. «E c’è una passione incalcolabile. Ma c’è anche bisogno di formazione». Anche perché i tempi sono cambiati, oggi ci sono i social che amplificano, enfatizzano, diffondono. E se da un lato semplificano, dall’altro complicano tutto.
La guida si compone di 28 pagine. «C’è una parte pedagogica e ce n’è una giuridica», spiega don Paolo Zaramella, direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile. «L’obiettivo è qualificare l’opera dei volontari e non solo per le attività estive». D’altra parte, poiché - appunto - la passione non basta, anche l’arruolamento degli educatori (over 18) e degli animatori (meglio se sopra i 16 anni) avrà criteri più rigidi. E sarà condizionato dalla formazione. «Tutto questo serve a promuovere atteggiamenti corretti e a prevenire comportamenti inadeguati o, peggio, illeciti», chiarisce don Antonio Oriente, padre spirituale e membro del Sinai.
Nel libretto c’è un dodecalogo che fissa regole precise. No alle punizioni fisiche, niente segreti, nessun rapporto esclusivo con i minori, mai appartarsi, vietati i giochi pericolosi, rispettare la sfera di riservatezza, comportamenti trasparenti in bagno e nelle docce. No anche alle foto pubblicate sui social senza tutti i consensi. A proposito dei social, poi, i paletti sono ancora più rigidi: meglio comunicare con i genitori su WhatsApp, non pubblicare foto dei minori nei profili social degli educatori. A questi ultimi, poi, si chiede di essere coerenti con la loro missione, anche nella gestione dei loro profili.
«Sembrano limiti alla spontaneità dei rapporti», dice l’avvocato Giuseppe Comotti, «ma sono invece garanzia di serenità per tutti. Condizioni per una vera sinergia tra educatori e famiglie. Per i sacerdoti, poi, ci sono le norme canoniche, ancora più stringenti». «Siamo fra i primi a dare questa risposta alle famiglie», sottolinea suor Tiziana Merletti, esperta di diritto canonico, e delegata diocesana al Servizio regionale Tutela Minori. «L’esigenza non è nata a tavolino ma nel concreto e abbiamo risposto con un lavoro approfondito e che ha coinvolto tante professionalità». —
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