Socialità e studi nel collegio “Mazza” la carica dei ragazzi che non hanno mollato

Fin dai mesi più duri del lockdown alcuni universitari sono rimasti per scelta in una delle residenze della città. E le prenotazioni salgono 

la storia



La vita degli studenti universitari durante la pandemia è un po’ più facile per quelli che vivono nei collegi universitari. Tra le varie residenze per studenti, a Padova ne esistono tre che fanno parte del collegio “Don Nicola Mazza”, a sua volta uno dei 52 collegi in Italia che afferiscono alla Conferenza dei collegi universitari di merito. Collegi che, grazie all’adozione di importanti misure di sicurezza, hanno potuto rimanere aperti anche durante il lockdown più duro, consentendo agli ospiti di conservare una dimensione sociale della vita universitaria che altrimenti avrebbero perso.

I collegi sono enti privati no profit cui si accede con un concorso attitudinale, a seguito del quale gli ammessi ricevono una borsa di studio che, in base all’Isee, copre in tutto o in parte la retta: vitto, alloggio, ma anche il percorso formativo parallelo che gli studenti del collegio intraprendono, orientato al mondo del lavoro e agli scambi internazionali, grazie al quale – secondo una ricerca realizzata da European House Ambrosetti – il 97,5% di loro trova un impiego stabile già a un anno dalla laurea. Il collegio Mazza di Padova ospita 270 studenti, in tre residenze: quella femminile Scopoli di via Canal, la Job Campus in via Belzoni, dove le attività extracurricolari si concentrano sul mondo dell’innovazione, e la residenza Tosi di via Savonarola. Tre sedi che sono rimaste operative anche durante il lockdown, nonostante tutte le attività didattiche del Bo fossero state trasferite online fin da subito.

«È stato un anno complicato e sfidante, specie per i fuori sede che all’inizio del lockdown hanno dovuto scegliere se tornare a casa o meno», ha detto il direttore generale del Mazza, Mirco Paoletto. «Una cinquantina dei nostri ragazzi ha deciso di rimanere. Con il senno di poi questa scelta si è rivelata importante, perché chi è rimasto ha potuto conservare la socialità nei mesi più difficili. Pur con le dovute precauzioni, i ragazzi hanno continuato a vedersi e a parlarsi. Molti altri erano a casa nelle settimane che precedevano l’inizio del secondo semestre e, pur volendo, non sono potuti tornare, mentre altri ancora avrebbero preferito comunque rimanere a casa. Per tutti loro abbiamo continuato a erogare a distanza tutte le attività formative previste». Secondo Paoletto la possibilità di mantenere e coltivare delle relazioni interpersonali strette ha costituito una nuova attrattiva per i collegi di merito: «Ci aspettavamo un calo delle richieste a settembre, proprio in virtù della didattica a distanza», ha aggiunto Paoletto, «In realtà le domande non sono calate, e anzi sono arrivate in anticipo rispetto al solito». Anche dal punto di vista della sicurezza sanitaria le garanzie non mancano. «Ci siamo attrezzati subito con linee guida per gli studenti e il personale», spiega il direttore, «Ai ragazzi abbiamo spiegato che la possibilità di tenere aperte le strutture dipendeva da loro. I collegi sono sempre stati aperti, si può entrare e uscire in qualsiasi momento, ma tutti hanno dimostrato grande senso di responsabilità, anche negli spazi condivisi come mense e aule studio. Monitoriamo costantemente chi mostra sintomi, in quel caso i ragazzi entrano in isolamento preventivo in una stanza predisposta, facendo poi un tampone a nostre spese. E finora non abbiamo avuto alcuna positività». —

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