Sparano alla cornacchia che dovevano salvare

CORNACCHIA. Un esemplare ieri è stato impallinato
CORNACCHIA. Un esemplare ieri è stato impallinato
 Uccisa dai suoi stessi salvatori. Questo il triste destino di una cornacchia che ieri a mezzogiorno è stata impallinata a morte da un agente della polizia provinciale chiamato proprio per liberare l'uccello rimasto intrappolato nel lungargine Sabbionari. Detta così sembra la storia di una crudeltà infinità, di quelle che non bisogna raccontare ai bambini per non farli piangere fino alla pubertà. In realtà, quello che può sembrare un gesto crudele, non è altro che una decisione assunta proprio per non far soffrire l'animale che non poteva più essere salvato. Pum, pum e addio.  Mesti testimoni dell'uccisione sono stati i vigili del fuoco che hanno tentato prima con un'autoscala di recuperare l'uccello ferito. Constatato che nulla si poteva fare la palla, anzi il pallino, è passato nelle mani degli agenti della polizia provinciale che hanno fatto fuoco uccidendo il pennuto. Peccato che gli spari abbiano allarmato alcuni residenti che hanno chiamato il 112: «Qui sparano sull'argine». Un equipaggio del Radiomobile partito in direzione Voltabarozzo pensando di trovare sul posto qualche ragazzetto armato di petardi, s'è dovuto ricredere vedendo lo spiegamento di divise, fra agenti della polizia provinciale e vigili del fuoco. A terra la vittima, la cornacchia che fu.  «La decisione presa dagli agenti è stata corretta - ha spiegato l'assessore provinciale Enrico Pavanetto - Per quella cornacchia non c'era più nulla da fare. Tenerla in vita in quelle condizioni avrebbe significato soltanto prorogarle le sofferenze. Tra l'altro ricordo che le cornacchie sono uccelli inseriti nel piano di abbattimenti selettivi perché considerate pericolose per le altre specie, in quanto si nutrono delle uova che trovano nei nidi. E comunque ripeto: gli agenti e i vigili del fuoco hanno tentato di tutto per metterla in salvo. Qualcosa alla fine bisognava fare. Così è stato deciso di abbatterla». (p.bar.)

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova