«Sparano in tanti ai cinghiali e nessuno li ha mai disturbati»

ESTE. «Se un cacciatore parla di “caccia” nei Colli Euganei, allora siamo di fronte a un cacciatore stupido. Il vero cacciatore sa che in un'area protetta si parla sempre e solo di “prelievo selettivo”. Ecco, è questo che ci vuole per risolvere il problema dei cinghiali nei colli: cacciatori intelligenti e un'organizzazione decisamente migliore rispetto a quella attuale. Tutto il resto è la parola di burocrati o di gente con pregiudizi».
Chi parla è un cacciatore della Bassa padovana con quarant'anni d'esperienza, attivo in numerose associazioni e grande conoscitore del territorio euganeo, così come di un tema che oggi è di grande attualità, ovvero la caccia ai cinghiali. Argomento, questo, che troppe volte si riduce allo slogan “caccia sì, caccia no” dimenticando che, in altri luoghi d'Italia, la collaborazione tra istituzioni e cacciatori funziona. Anche in aree protette.
«Pensiamo al Parco dei Gessi Bolognesi, dove il cinghiale si caccia dal 1983 e dove ho potuto svolgere attività di prelievo in più occasioni» dice il nostro interlocutore, che parla a ruota libera a patto di farlo in maniera anonima, perché comunque si tratta di un argomento delicato che tocca rapporti fra persone e interessi non indifferenti «Lì ad esempio i proprietari terrieri possono sparare ai cinghiali nei loro terreni compilando una semplice documentazione di autodifesa. Certo, devono avere la licenza di caccia, ma se non ce l'hanno possano delegare la “difesa” del podere a un amico cacciatore. Basta annunciare l'intervento tramite la teleprenotazione e poi compilare il modulo online a fine operazione, destinando la carcassa dell'animale al macello, che è unico e vicino al territorio in cui avviene l'abbattimento».
Nel Parco Colli invece pratiche come queste sono di difficile applicazione.
«Qui è tutto incredibilmente complicato. Se un agricoltore di Cinto Euganeo vede un cinghiale nel suo podere, un animale che non scappa nemmeno di fronte ai cani che gli corrono contro, è veramente assurdo che non possa chiedere l'intervento di un cacciatore professionista, che magari compie la stessa attività in altre parti d'Italia. Ma nella nostra provincia c'è il regno della complicazione. Basti pensare che negli Euganei esiste un camioncino, quello per il recupero dei cinghiali abbattuti, che deve correre da un capo all'altro del Parco per caricare gli animali uccisi - i selecontrollori non possono spostare le carcasse - e la gente deve attendere ore prima di riprendere l'attività. Non si riesce nemmeno a organizzare un piano di prelievi per risparmiare tempo e risorse. Oppure è assurdo che nessuna delle 280 guardie volontarie della Provincia sia mai stata coinvolta nella gestione dell'abbattimento di cinghiali, ad esempio nella lotta ai bracconieri».
I bracconieri sono effettivamente presenti nel Parco?
«Ce ne sono centinaia! In 4 anni le richieste di porto d'armi dei residenti del Parco hanno avuto un'impennata clamorosa: secondo voi per quale motivo?».
Sono i residenti che si fanno giustizia da soli?
«La notte si sente continuamente sparare nei Colli Euganei, e non solo il martedì o il giovedì quando escono le squadre del Parco. Proprio per questo c'è anche chi gira con il silenziatore, che fino al 2013 era un dispositivo illegale anche solo da tenere in casa. Con una bottiglia da due litri davanti al calibro 22 hai già risolto il problema del rumore. So di gente che pastura e attira così in cinghiali in stalla e poi li abbatte sul posto. Altri scavano buche di mezzo metro, profonde 60 centimetri, e ci piazzano griglie elettrosaldate: quando il cinghiale ci cade dentro, vanno lì e lo ammazzano a martellate. Non può nemmeno immaginare quanti lacci artigianali, fatti con fil di ferro e viti, ho personalmente rimosso tra i vigneti dei colli. Sono strumenti che non tollero, capisco l’esasperazione di chi ha a che fare con questi animali e i danni che provocano ma non si devono mai usare i lacci».
Quindi nei colli operano solo bracconieri residenti che agiscono per difesa dei propri beni?
«Macché! Oggi fare bracconaggio nei Colli Euganei è quasi un'attrazione, che attira gente da fuori. C'è il gusto del proibito, unità all'impunità confermata dall'assenza di controlli, che si aggiunge al gusto della caccia e fa ancora più gola a molti cacciatori, che arrivano anche da fuori provincia. Basterebbe mettere una pattuglia di carabinieri in qualche luogo strategico: il pick-up che passa alle 2 di notte è lì quasi sicuramente per attività di bracconaggio. Attività, questa, che genera anche un guadagno: la carne di cinghiale che arriva da questo mercato viene venduta a 8 euro al chilo, quella da macelleria costa anche tre volte tanto. E di carne in un cinghiale ce n'è tanta: su una bestia di 80 chili se ne tirano fuori 38 di carne da vendere. Non stupiamoci quindi se nelle celle frigorifere di alcuni agriturismi dei colli finisce la carne dei bracconieri».
Cacciare un cinghiale non è cosa banale, che possono far tutti.
«No, assolutamente, però tante volte tra i selecontrollori si trova gente priva della giusta preparazione, che cade dalle altane o punta un'arma carica alla pancia di un collega. Siamo l'unico Parco che preferisce avviare corsi interni, spesso tutt'altro che formativi, invece di accogliere professionisti che hanno qualsiasi tipo di patentino e che, come ho già detto, magari operano contro gli ungulati in mezza Italia. Si preferisce chiamare “chi ha voglia di sparare” invece di “chi sa sparare”. Gente che non sa la differenza tra caccia e prelievo. Per uccidere un cinghiale basta un colpo, alla testa o meglio ancora al cuore, che è dietro la spalla. Però servono fucili e cartucce di un certo calibro, penso al 223, molto simile al 5,56 Nato, o al 308, vicino invece al 7,62 Nato».
Dunque, secondo lei, ben vengano le limitazioni da area protetta, ma con aperture ai cacciatori professionisti.
«Si copi quanto fanno gli altri parchi d'Italia e ci si fidi di chi ha il fucile in mano da anni. C'è tanta voglia di mettersi al servizio del territorio ed è assurdo che cacciatori del posto debbano percorrere centinaia di chilometri per fare qualcosa che possono fare anche qui, a maggior ragione con beneficio per la comunità. Ma d'altra parte siamo nel Parco delle contraddizioni. Lo stesso che con le sue regole, nel 1992, ha scatenato la “carognata” di vendetta di alcuni residenti, che nella zona di Cinto Euganeo hanno rilasciato tre scrofe e un maschio. Il casino dei cinghiali che ci troviamo oggi tutti a vivere è nato quel giorno».
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