«Spariti i mobili del bar»: denunciato consigliere comunale a Padova

Stefano Ferro, esponente di Coalizione Civica, padrone dei locali, chiamato in causa dai gestori. Bar Alexander chiuso da 7 mesi dopo il blitz antidroga. La replica: «Li cito io per calunnia»
FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - ESTERNO ALEXANDER BAR CHIUSO
FERRO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - ESTERNO ALEXANDER BAR CHIUSO

PADOVA. Il consigliere comunale Stefano Ferro è stato denunciato per appropriazione indebita. I titolari del bar Alexander di via San Francesco lo accusano di aver sottratto dall’interno del locale mobilio e altre suppellettili. Stefano Ferro è il proprietario dell’edificio che ospitava il bar chiuso da mesi dopo l’indagine della polizia su un ingente traffico di droga.

La denuncia La vicenda, è bene sottolinearlo, è una disputa tra privati. Ma c’è una denuncia formale che è stata presentata dai genitori di Emanuele Lovato (il barista titolare dell’Alexander) ai carabinieri di Prato della Valle, in cui si fa il nome del consigliere comunale di Coalizione civica. Lui si difende: «Non pagano l’affitto da mesi, hanno un debito di oltre 35 mila euro. Ma io non ho mai messo piede in quel locale».

Stefano Ferro
Stefano Ferro


L’indagine Era stata la Squadra mobile di Padova, lo scorso mese di ottobre, a scoprire un consistente giro di marijuana e hashish sull’asse Padova-Milano. Emanuele Lovato, il “dottore” com’era soprannominato il titolare del bar punto di riferimento del mondo antagonista padovano, era lo snodo principale di questo traffico.

Lui è stato condannato a sette anni e otto mesi di carcere (con rito abbreviato), oltre che a una multa di 28 mila euro, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La compagna Marianna Zoia, invece, è stata condannata a 3 anni e al pagamento di 40 mila euro di multa. Oltre allo spaccio viene contestato anche il reato di riciclaggio a due dei nove arrestati, perché i pagamenti avvenivano tramite bitcoin.

Locale chiuso Dunque la serranda dell’Alexander è abbassata da ottobre scorso. L’unica cosa che è cambiata dal giorno del blitz della polizia è la scritta con la vernice nera: “Liberi tutti, fuck Stato”. In questo contesto di stallo dell’attività, con i gestori all’angolo per via dei guai giudiziari e gli affitti arretrati da mesi, il proprietario ha pensato di provare a smuovere la situazione.

Lo sfogo La madre di Lovato, Milena Palazzin di San Bonifacio (Verona), è stata nominata procuratrice. È stata lei a presentarsi in comando per sporgere una dettagliata denuncia, lamentando la mancanza di mobilio e perfino del registratore di cassa. «Ho incontrato i suoi genitori il 13 novembre del 2018, più di un mese dopo l’arresto del figlio» si sfoga Ferro. «Ho preso contatto con un possibile acquirente, il quale ha manifestato interesse per l’acquisizione della licenza, previa una serie di verifiche, sia amministrative che sugli impianti. Cosa che è stata fatta, trovandoli peraltro completamente fuori norma sia per quanto riguarda l’impianto elettrico che quello di aerazione. Lovato e la madre mi hanno pregato di non procedere con lo sfratto. Il loro avvocato è sempre stato informato di tutti i passaggi. Rimango allibito, se è vero, della denuncia. Farò immediatamente denuncia per calunnia con richiesta di risarcimento per il danno di immagine». —


 

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