Statua femminile in Prato della Valle a Padova: un segno carico di valenze positive

L’EDITORIALE / Il professor Vicenzo Milanesi: “La cancel culture toglie, in questo caso si aggiunge qualcosa ri-significando i monumenti alla luce dei valori che sono venuti crescendo”

Vincenzo Milanesi

Merita grande apprezzamento la mozione, presentata in Consiglio comunale a Padova per realizzare in Prato della Valle una statua di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. Troppo nota la sua figura per insistervi sopra. Non si poteva infatti che pensare alla prima donna laureata nella storia secolare dell’Università di Padova, nel 1678, dichiarata in quell’anno “Magistra et Doctrix Philosophiae”, come nome da onorare in quello straordinario contesto che è Prato della Valle. Dove sono raffigurati tutti personaggi maschili, grandi e meno grandi, ma nessuno femminile.

Ben sappiamo come la sua laurea sia stata considerata un’eccezione per quei tempi, osteggiata tanto in ambiente accademico quanto, soprattutto, in quello ecclesiastico. Ma la sua laurea fu comunque un episodio con grande risonanza non solo nella Repubblica Serenissima ma in tutta Europa, e quindi chi più di lei poteva essere scelta per esprimere una presenza femminile in quella piazza meravigliosa, emblema e vanto della “civitas Patavina”? Perché questa è la motivazione che merita la più convinta adesione: nella storia della cultura di cui siamo figli, il ruolo delle donne è stato sempre considerato subalterno a quello maschile, ed è ormai tempo di rompere vieti stereotipi, e di additare anche con gesti di valore simbolico il cammino da percorre per far assumere alla donna la presenza centrale che merita nella società.

Negli ultimi anni sta prendendo piede la cosiddetta “cancel culture”, che pretenderebbe di ergersi a tribunale supremo della storia in nome di convinzioni e valori che si sono affermati nei secoli successivi, abbattendo statue e condannando all’ignominia figure che spesso sono state semplicemente figlie del loro tempo. Quando invece sarebbe assai più opportuno, invece che “togliere” qualcosa alla storia, “aggiungere” qualcosa, dando una spiegazione ai loro comportamenti, contestualizzandoli nel periodo in cui sono vissuti, “storicizzandoli” senza postumi giustificazionismi, “ri-significando” i monumenti che li ricordano alla luce dei valori che sono venuti crescendo nella storia e che ora sono patrimonio comune della coscienza contemporanea.

La nuova statua in Prato della Valle può apparire ora come un segno carico di valenze positive, che, senza indulgere alla “cancel culture” di moda, anzi quasi in controtendenza rispetto ad essa, alla nostra storia intrisa di maschilismo giustappone, senza demonizzazioni, un simbolo del grande significato della presenza femminile all’interno di tale storia medesima. Riaffermando non solo la parità di genere ma anche sottolineando come quella presenza debba essere sempre più esplicitamente riconosciuta. Arricchendo nel contempo la memoria del passato, senza negarlo, all’interno di un orizzonte di valori condivisi rispettoso della verità storica, quale che essa (oggettivamente) sia. Un esempio da seguire. Innalzando, perché no?, una statua ad una figura femminile di rilevanza storica legata alla memoria della città anche sul secondo piedistallo ancora disponibile in Prato della Valle. —

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