Strappati al muro per non sparire Per sempre affreschi

Da Pompei a Giotto, da Correggio a Tiepolo Ravenna espone l’arte e racconta le tecniche

RAVENNA. Dai meravigliosi angioletti di Melozzo da Forlì alla “Madonna della Mani” del Pinturicchio fino alle sinopie del Camposanto di Pisa, gli affreschi staccati più importanti e famosi sono al centro della grande mostra aperta fino al 15 giugno al Mar di Ravenna. Provenienti dalle maggiori collezioni nazionali, le opere esposte raccontano le tecniche usate durante i secoli per salvaguardare i capolavori murari dalle incurie del tempo e dai disastri causati dall’uomo, con un particolare accento sulla frenetica attività di tutela nell’immediato dopoguerra, dopo che le bombe avevano distrutto per sempre straordinari e fondamentali cicli d'affreschi.

Intitolata “L’incanto dell’affresco. Capolavori strappati da Pompei a Giotto da Correggio a Tiepolo”, la rassegna è stata curata da Claudio Spadoni e Luca Ciancabilla, che insieme hanno selezionato e suddiviso le opere secondo un indirizzo storico-cronologico: dai primi masselli cinque-seicenteschi, ai trasporti messi in atto nel XVIII secolo, compresi quelli di Pompei ed Ercolano, agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni ’70 del Novecento.

In realtà, l’arte dello strappo è stata elaborata con diversi metodi fin dall’antichità, dai tempi di Vitruvio e di Plinio con le prime soluzioni che prevedevano la rimozione delle opere insieme a tutto l’intonaco e il muro che le ospitava, il cosiddetto “massello”.

Se ne fece poi largo uso nel Rinascimento e successivamente, tanto che in due secoli vennero traslati capolavori quali la “Maddalena piangente” di Ercole de Roberti (Pinacoteca Nazionale di Bologna), il gruppo di angioletti di Melozzo da Forlì (Musei Vaticani) o “La Madonna della Mani” del Pinturicchio, tutti presenti in mostra.

Col tempo, però, si cercarono dei metodi meno complessi e dispendiosi, optando per tecniche come quella dello strappo, capaci di riportare l’affresco su tela. È in questa maniera che, a fine ’700, le splendide pitture murali appena riscoperte a Ercolano e Pompei vennero trasportate su un nuovo supporto, trovando ben più sicura collocazione al Museo di Portici. L’evoluzione delle tecniche era anche determinata dall’interesse crescente del collezionismo assetato di capolavori, come quelli di Andrea del Castagno, Bramante, Garofalo, Correggio, Moretto, Giulio Romano, Veronese, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Domenichino, Guercino.

È stato però il secondo ’900 il periodo in cui l’attività degli estrattisti è stata in assoluto più praticata. Il motivo, spiega Luca Ciancabilla, è da ricercare nei danni irreparabili causati dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, quando sono stati trasformati in macerie i cicli pittorici di Mantegna a Padova, Tiepolo a Vicenza, Buffalmacco e Benozzo Gozzoli a Pisa, e anche «il Cenacolo di Leonardo è in piedi solo per miracolo».

«Il patrimonio artistico italiano fu ferito a morte, un vero choc per la comunità internazionale» dice il curatore «e la successiva minaccia della guerra fredda dette vita a una vera e propria campagna di strappi».

Ecco la cosiddetta “stagione degli stacchi” e della “caccia alle sinopie”, i disegni preparatori che i maestri tre-quattrocenteschi avevano lasciato a modo di traccia sotto gli intonaci, documentata in mostra da quattro frammenti e sinopie provenienti dal Camposanto di Pisa, bombardato nel 1944 dalle forze anglo-americane.

Dal Veneto, arrivano stacchi di Guariento di Arpo (“Offerente con tre angeli” e “Offerenti con Angelo”) dalla Chiesa degli Eremitani a Padova; il “Putto Alato” di Paolo Veronese dal Museo Giorgione di Castelfranco; un altro “Putto Alato di Veronese, strappato e riportato su tela, dai Musei civici di Vicenza; “Minerva con putti sulle nubi” di Giambattista Tiepolo, affresco staccato, Vicenza, Villa Valmarana ai nani; dal Museo di Castelvecchio di Verona il “Ritratto maschile, testa di vecchio, putto, mani, testa di leone, due figure maschili” di Altichiero da Zevio, pittura murale staccata. (n.c.)

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