Subito luogo degli affari poi una sorta di kasbah...

Cinquant’anni di storia del Palazzo delle Nazioni, presentato nel 1951 come spazio architettonicamente all’avanguardia. Il progressivo imbarbarimento
Di Aldo Comello

Negli anni Venti, quando i barconi carichi di sabbia risalivano il Brenta e parcheggiavano sul Piovego vicino al ponte della Libertà, fu costruito il quartiere della Fiera, pietra candida, stile eclettico, tipo liberty, quasi una castello incantato, progetto dell’ingegner Augusto Berlese. Tre bombardamenti polverizzarono il quartiere.Ci vollero 7 anni prima che la città trovasse le risorse per la ricostruzione.

L’inaugurazione della nuova Fiera avvenne nel 1951, presente il presidente della repubblica Luigi Einaudi. Era pronto anche il Palazzo delle Nazioni, che allora fu denominato Palazzo degli Affari. Fu un’opera, per l’epoca, architettonicamente all’avanguardia: tre piani, una facciata tutta a vetrate, 60 metri di fronte, 22 di altezza, pregevole quinta che chiudeva lo spazio fieristico, con un portale a rilievo progettato dallo scultore Luigi Strazzabosco, (e eseguito da Strazzabosco, Sartori e Boldrin), quasi un arco di trionfo. Quasi una prosecuzione del viale principale che tagliava per lungo il quartiere l’ampia scalinata. Il costo dell’opera si aggirava sui 25 milioni di lire e fu tormentata la vicenda per il sostegno delle spese.

Sull’ente fieristico in posizione debitoria il Comune fece pesare un canone annuo di 7 milioni e 500 mila lire fino al mandato di pagamento per danni di guerra da parte del ministero dei Lavori Pubblici per un importo di 102 milioni. Nel corso della Campionaria si tennero all’interno del palazzo la mostra del turismo delle Venezie, dell’artigianato della regione siciliana, il salone del giocattolo. Ora questo fondale è chiuso da dieci anni, la sua monumentalità è espressione di un’epoca e oggi gli spazi non sono più funzionali. La perdita di centralità fu graduale.

Negli anni Ottanta il fabbricato era diventato una sorta di kasbah: esposizione di tappeti, vendita di profumi acutissimi come il balsamo di tigre, un ambiente un po’ esoterico che dava spazio però anche a innovazioni come il pelapatate automatico e altre curiosità utili al ménage domestico. Si assiste, un po’alla volta, ad un imbarbarimento espositivo che trasforma il Palazzo in un magazzino di carabattole. Ma fino ai primi anni 80 il comparto esercita ancora un’attrazione notevole sul pubblico. All’inizio degli anni Settanta, presidente Luigi Merlin, segretario generale Livio Sirio Stecca, dalla Campionaria cominciano a sbocciare altre mostre (Sep,Tramag, Mobile Triveneto, Flormart) ma il processo è graduale e la Campionaria, per alcuni anni, resta il momento clou dell’attività fieristica. Merlin e Stecca si rintanavano in un ufficio dell’ultimo piano della grande porta che sovrasta l’entrata, giusto in faccia al Palazzo delle Nazioni. Di lì si poteva vedere il flusso del pubblico sulle scale del palazzo, visibile attraverso la vetrata, con un cannocchiale potevi addirittura vedere le facce della gente.

L’intasamento era la cartina al tornasole del successo o meno della mostra: se la gente sulle scale non riusciva più a muoversi, se non lentissimamente, significava che la fiera aveva fatto il pieno. Allora si poteva brindare o mangiare un grappolo d’uva come Nerone.

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