Sullo scrittoio, fino alla fine Morte di un imperatore

21 novembre 1916, Francesco Giuseppe è stremato dall’età e dalla febbre Lo invitano a riposare, dice: «Sì, va bene». Alle 21.05 il suo respiro si spegne
1915, Austria --- Franz Joseph I (1830-1916), Emperor of Austria, King of Hungary --- Image by © Austrian Archives/CORBIS
1915, Austria --- Franz Joseph I (1830-1916), Emperor of Austria, King of Hungary --- Image by © Austrian Archives/CORBIS

Si sveglia con la febbre alta, Francesco Giuseppe, quella mattina di martedì 21 novembre 1916: gliela misurano, il termometro segna 38,1. Fuori è ancora buio: sono le 3 e mezza, in netto anticipo rispetto al solito, pure tarato su ore antelucane. In quel momento ha 86 anni compiuti, e da giorni è affetto da un’infiammazione bronchiale. Come di consueto, va a sedersi allo scrittoio per sbrigare le pratiche dell’impero. Qui riceve la comunione dal cappellano di corte, poi si mette al lavoro. Poco prima di mezzogiorno accoglie la visita di Carlo, erede al trono, accompagnato dalla moglie Zita: «Spero di ristabilirmi presto, perché non ho tempo per i malanni», spiega loro. Prende un brodo, ma subito dopo si accascia sulla scrivania: gli misurano di nuovo la temperatura, la febbre è salita a 39,5. Accetta di riposarsi un po’ su una poltrona, poi insiste per tornare alle sue carte, e ci rimane fino a sera. Ma è sfinito: alle 19, due ore prima rispetto ai suoi soliti ritmi, lo mettono a letto. Prima di addormentarsi raccomanda a chi gli sta accanto: «Svegliatemi alle 3 e mezza, non ho ancora finito il mio lavoro». Poco dopo apre gli occhi per chiedere da bere, e gli danno un po’ di tè, chiedendogli se stia comodo: «Sì, va bene», risponde. Sono le sue ultime parole.

Il suo medico, dottor von Kerzl, si rende conto che la fine si sta avvicinando. Alle 20.30 all’imperatore viene impartita l’estrema unzione. Mezzora dopo la figlia Maria Valeria chiede a von Kerzl se il padre respiri ancora: «Non sento più nulla», è la risposta. Sono le 21 e 5 minuti. Francesco Giuseppe è morto, nello stesso castello di Schonnbrun dov’era nato il 18 agosto di 86 anni prima.

I solenni funerali vengono celebrati nelle prime ore del pomeriggio di giovedì 30 novembre, seguendo rigorosamente il protocollo inaugurato due secoli prima con Ferdinando III, primo imperatore asburgico a venire sepolto nella Kapuzinergruft viennese, la Cripta dei Cappuccini. La salma è vestita con l’uniforme di gala da imperiale e regio feldmaresciallo. Il corteo è aperto dalle insegne della casa d’Asburgo, dietro le quali sfilano gli esponenti dei vari ordini religiosi, gli alti funzionari dell’amministrazione, i rappresentanti dei territori austro-ungarici, i cavalieri dell’Ordine del Toson d’Oro. La bara viene trasportata a spalle da 24 nobili dell’Ordine della Chiave d’Oro; su di essa sono appoggiati la corona imperiale, le corone di Ungheria e di Boemia, il globo, lo scettro e il collare di cavaliere del Toson d’Oro. Dietro al feretro sfila la famiglia imperiale guidata dal nuovo imperatore Carlo I, i dignitari di corte e il corpo diplomatico accreditato a Vienna.

Il corteo, accompagnato dal rullo dei tamburi e dai rintocchi delle campane di tutte le chiese, lungo la Ringstrasse raggiunge la cattedrale di Santo Stefano, dove l’arcivescovo cardinale Piffl impartisce la solenne benedizione al defunto; l’ultima meta, la Chiesa dei Cappuccini, per la sepoltura.

Qui, nell’estremo atto, prevale la simbologia asburgica, fortemente ispirata alla fede cattolica: anche un imperatore, con tutta la sua potenza, è un comune mortale, e deve rendere conto all’Altissimo. La bara, senza alcun seguito, viene portata lungo le scale che conducono alla cripta. Il Maresciallo di corte batte per tre volte sulla porta con il suo bastone d’oro. Dall’altra parte c’è il padre guardiano, con una candela accesa, che domanda: «Chi chiede accesso?». L’alto dignitario risponde: «Sua Maestà Apostolica l’Imperatore Francesco Giuseppe», ed elenca di seguito i 47 titoli del sovrano. Ma il frate replica: «Non lo conosco». Il Maresciallo torna a battere esclamando: «Lasciate entrare Sua Maestà l’Imperatore Francesco Giuseppe». Di nuovo la risposta è “non lo conosco”. E subito dopo chiede: «Chi, in nome di Dio, desidera accesso?». Stavolta le parole del dignitario sono ben diverse: «Tuo fratello Francesco Giuseppe, un povero peccatore che chiede la misericordia di Dio». A questo punto la porta si apre: «Io ti conosco, entra pure». E finalmente l’anziano protagonista di tante dure vicende trova l’eterno riposo nella cripta tra la moglie Elisabetta e il figlio Rodolfo, le più dolorose perdite durante la sua lunga esistenza. (f.j.)

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