Tangenti ad Abano, barca e villa tra i beni di Luca Claudio

PADOVA. Sarà anche finito dietro le sbarre tra spacciatori marocchini e sfruttatori nigeriani. Ma per lui – un mix tra l’attore da fororomanzo e un tronista di Maria De Filippi, consapevole che look e aspetto fisico possono far acchiappare manciate di voti – lo stile è quello di sempre: camicia rigorosamente nera sbottonata sul petto con i polsini aperti, tatuaggio sull’avambraccio della serie “ti-vedo-non-ti-vedo” (senza contare quelli che esibisce tra collo e dita delle mani), chioma sciolta e lunga.
Mister 15%. Messo da parte il tono perentorio con il quale (dicono gli accusatori) reclamava mazzette e apostrofava i dipendenti comunali poco ubbidienti, Luca Claudio, ovvero “Mister 15%” – soprannome che gli hanno affibbiato imprenditori e piccoli artigiani abituati a far la fila davanti al suo ufficio per lavorare – ha preferito mostrare l’altra faccia del sindaco delle Terme, quella piaciona e affabile, quando lunedì, intorno alle 13.30, ha varcato la soglia della saletta riservata agli interrogatori nella casa circondariale Due Palazzi.
"Buongiorno". Così il sindaco-sospeso ha teso subito la mano al giudice Margherita Brunello e al pm Federica Baccaglini, le due donne magistrate che lo hanno spedito al “fresco”. E sfoderando con nonchalance un fiero «buongiorno» quasi come nulla fosse, ha tradito solo un pizzico di nervosismo.
Parla? Non parla? Il totoscommesse era aperto da qualche giorno. E in pochi secondi il rebus è stato sciolto: nome, cognome, data di nascita e residenza declinati in fretta, poi lettura dei 19 capi d’accusa. Ma il verbale s’è presto chiuso con la frase di rito pronunciata dal primo cittadino-detenuto sotto gli occhi vigili del penalista difensore, Ferdinando Bonon: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». «Il mio assistito è deciso a difendersi» ribadirà veloce il legale, all’uscita del carcere. Intanto è rimasto zitto sepolto sotto quintali di contestazioni che, in molti, si ostinano a definire «fango». Sarà.
Attendismo. Per ora Luca Claudio ha preferito una posizione attendista, forse non casuale a poche ore dagli interrogatori di garanzia che oggi toccano, nell’ordine, al suo (presunto) “socio” nel business delle mazzette Massimo Bordin (già vicensindaco e poi sindaco a Montegrotto) soprannominatoi “Fantocci” nei dialoghi intercettati, all’imprenditore L.P e a Massimo Trevisan, il fedele braccio-destro piazzato alla guida di Rls, la società incassa-tangenti.
Tutti agli arresti domiciliari. Com’è nel suo diritto fin da giovedì (giorno del blitz) Luca Claudio aveva a disposizione l’ordinanza di custodia cautelare (237 pagine) e i quattro faldoni di documenti collegati (tecnicamente 5 ma due sono stati accorpati) che, in base al nostro ordinamento, devono subito essere consegnati in copia al difensore e all’indagato destinatario di una misura restrittiva della libertà personale. E allora: silenzio strategico? O silenzio per studiare le carte? Sta di fatto che il gip ha fatto la sua parte (l’interrogatorio di garanzia) e se d’ora in avanti Luca Claudio avrà qualche giustificazione da dare, dovrà vedersela con il pm Baccaglini. Il pm che, da oltre un anno e mezzo, sta passando in rassegna tutti i suoi affari aiutata dal Gruppo della Guardia di Finanza di Padova.
Elenco infinito di beni. Affari immobiliari senza fine quelli di Luca Claudio, perché è nel mattone – nel triangolo tra Padova capoluogo, Bassa e area Termale – che il sindaco-sospeso investiva, almeno in Italia, tramite le sue società. Società di cui é stato (o era) legale rappresentante. O società riconducibili a lui. Come A.G.M. sas, con sede a Mestrino in piazzetta Moro 5, costituita il 26 settembre 1997 con atto del notaio Amelia Cuomo, titolare di ben 13 appartamenti.
Del sindaco, nessuna traccia negli atti di A.G.M.: risultano soci Massimo Trevisan (socio accomandatario) con i parenti Armando e Giuseppe Trevisan. Eppure è nell’abitazione di Claudio che, durante la perquisizione del 14 aprile 2015, i finanzieri sequestrano documenti relativi alle quote societarie, alla situazione patrimoniale, immobiliare e finanziaria della sas e ai mutui accesi da A.G.M. con le banche. «Il che fa pensare che anche questa società, di fatto, sia amministrata dallo stesso Claudio» si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. Perché, altrimenti, si troverebbero a casa del sindaco gli appunti riguardanti i mutui per procedere agli acquisti immobiliari? Mutui che implicano una capacità economica che non possiede una società debole come A.G.M., capitale sociale modesto, nessun dipendente, struttura quasi inesistente. E lo stesso vale per le altre società legate a Claudio, come Soleluna srl, Soluzioni Assicurative srl e Rls srl.
La villa. Nel patrimonio immobiliare di un’altra società, Trevisan Impianti, c’è una villa che si trova a Piazzola sul Brenta in via Pieretto. Valore: 730 mila euro. Anche quella proprietà è di Claudio. Carlo Possamai, che collabora con le attività immobiliari del sindaco, lo spiega agli investigatori il 23 giugno 2014: «Sia l’appartamento di Solesino in via Pasini intestato ad A.G.M. che la villa di Piazzola sono immobili riconducibili a Claudio... Lui stesso mi ha detto che erano suoi. E se io avessi provveduto alla loro vendita, ha sempre detto che mi avrebbe dato altri incarichi in quanto a suo dire avrebbe numerose proprietà».
Tante proprietà ma reddito in flessione dal 2001 al 2013 (da 64.744 a 41.201 euro). Incongruenza sospetta per un business man come Claudio, alle spalle una carriera da manager alberghiero franata con il fallimento dell’hotel Caesar di Montegrotto dichiarato dal tribunale di Padova il 4 dicembre 2008, ben due anni dopo l’assunzione della carica di amministratore da parte del sindaco avvenuta l’11 gennaio 2006.
La barca per le feste. Affari, affari, e non solo: la vita è fatta pure d’altro. Lo rammenta sempre l’amico Carlo Possamai agli inquirenti: «Claudio era interessato all’acquisto di un’imbarcazione di 20 metri (di basso valore) per organizzare delle feste».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova