Terreni ricoperti da un mare di fango per tanti mesi

Luigino Marolla è proprietario dei campi sotto la falla Dopo la bonifica sono sorte due «montagne» alte 10 metri
Malaman Pra di Botte un anno dopo l'alluvione. Nella foto: Luigino Marolla indica uno dei cumuli di detriti sabbiosi non spostati. ph. Zangirolami Saletto un anno dopo l_alluvione
Malaman Pra di Botte un anno dopo l'alluvione. Nella foto: Luigino Marolla indica uno dei cumuli di detriti sabbiosi non spostati. ph. Zangirolami Saletto un anno dopo l_alluvione

MEGLIADINO SAN FIDENZIO

Luigino Marolla all’indomani dell’alluvione ha perso una grossa occasione. Quella di affittare i propri campi, interamente sommersi dal fango e trasformati in uno scenario da «The Day After», ad una casa di produzione cinematografica. Sarebbero stati il set ideale per girare un film. Di quelli del genere «il giorno dopo del disastro» che tanto piacciono agli americani. Nel mare di melma, conficcati qua e là, c’erano pure alberi sradicati e detriti vari. Uno scenario di devastazione totale. Allucinante. Una sorta di spiaggia dell’orrore.

Ma Marolla era in tutt’altri pensieri affacendato in quei giorni. E come dargli torto? Nel giro di pochi minuti s’è ritrovato con i terreni agricoli cancellati dalla piena, ricoperti da migliaia di metri cubi di fango. «In quel pantano c’era persino della sabbia fine come il borotalco – ricorda il proprietario dei terreni – raschiata dalla piena chissà dove. L’acqua ha spazzato via un intero filare di platani e, oltre la strada, anche una vecchia mura fatta di mattoni».

E dopo il danno la beffa. Il Comune, messo alle strette dalle rigide disposizioni dell’ordinanza 3906 del Consiglio dei Ministri, non ha potuto inserire fra i danni da indennizzare quelli subiti dai terreni. Anzi vi ha pure applicato l’Ici. E questo ha fatto imbestialire Marolla, il cui avvocato ha inviato una lettera al sindaco. I due si sono incontrati di recente proprio sul luogo del disastro e sono stati protagonisti di un vivace battibecco, segno che i nervi anche fra gli alluvionati di Megliadino San Fidenzio, sono ancora a fior di pelle.

La bonifica dei terreni di Marolla, come quella dei campi confinanti, è stata eseguita dalla Regione tramite il Consorzio di bonifica. Un lavoro immane, durato mesi. «Secondo me sono stati sprecati molti soldi in perizie – aggiunge l’agricoltore – alcune delle quali avrebbero potuto essere eseguite dal consorzio con i propri mezzi». Temevano che fra i detriti ci fosse anche del materiale inquinante. In effetti una delle due «montagne» di terra create dalle ruspe durante la bonifica (sono alte una decina di metri, ndr) è formata da materiale inutilizzabile ai fini agricoli. «Chissà quanto tempo passerà prima di veder spostato questo materiale – si chiede Marolla –. Dei tempi di queste operazioni io ne so qualcosa. Ho passato mesi a mandare lettere ed e-mail agli enti competenti, per denunciare lo stato dei miei terreni, ma tutto inutilmente. Poi è bastata una pagina di giornale, del mattino a sbloccare subito la situazione. Il giorno dopo sono arrivati i tecnici».

Il timore di Marolla e degli altri abitanti della zona è che al di là dei pochi lavori eseguiti la zona sia ancora fragilissima e più vulnerabile di prima in caso di piena improvvisa. Il sindaco Daniela Bordin ha inviato un sacco di solleciti affinchè i lavori per potenziare gli argini siano eseguiti al più presto. A Prà di Botte tutti vivono con la sindrome da bollettino meteo.(re.mal.)

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