Tesori di Padova, Colasio soddisfatto promette il bis

PADOVA. L’iniziativa “Tesori di Padova” ha reso magico l’autunno padovano. Il progetto del nostro giornale (Con Noi il mattino) e dell’amministrazione comunale – dal 15 settembre al 25 novembre – ha svelato una parte dell’immenso patrimonio storico, museale, culturale e artistico della città. I cittadini hanno risposto con un entusiasmo sorprendente, manifestando fame di cultura e di sapere.
E desiderio di far propri quei luoghi che non avevano mai avuto la fortuna di conoscere: la Padova ebraica (la Sinagoga e il museo), il Museo del Precinema, l’oratorio di San Michele.
Ma anche i Titani di bellezza e fascino, prigionieri delle conoscenze scolastiche, di un’infarinatura annebbiata della propria città: il castello dei Carraresi, palazzo della Ragione, l’Arena romana, il ponte di San Lorenzo e le mura Cinquecentesche, il Planetario, il museo Diocesano, il palazzo Zuckermann.
Dunque non c’è che una sola scelta: ripetere l’avventura, andare avanti sulla strada già tracciata. Ne è convinto anche l’assessore comunale alla Cultura, Andrea Colasio. Al quale abbiamo chiesto d’interpretare l’entusiasmo riscosso da queste visite.
Assessore, cosa cercano i padovani?
«È evidente che l’iniziativa del mattino sia stata meritoria», scandisce Colasio. «Del resto anche quando proponiamo i Notturni d’arte le code per entrare sono infinite. Sono segni manifesti di una città vitale e per questo stiamo investendo con decisione nell’industria della cultura. Servono molti turisti ma è altrettanto bello che i padovani considerino le bellezze cittadine, patrimonio di tutti e non solo di un’élite di intellettuali. Il nostro patrimonio culturale va tutelato e fortemente vissuto perché sia un sostrato di esperienze emozionali».
Quale pensa che sia la ricetta?
«Offrire un livello alto ai padovani, come è stato fatto per questa iniziativa. Le guide (sia del Comune che delle cooperative coinvolte) erano onestamente ben preparate. Dobbiamo creare offerta: la domanda c’è già. I Carraresi e la Specola sono dei brand, questo è un dato assodato, ma è necessario anche raccontare la città con chiavi di lettura diverse e – a suon di dai – abbiamo proposto un’offerta culturale originale. Che ha incuriosito il padovano colto, intercettato fasce inedite di pubblico, solleticato i turisti».
I padovani amano la loro città, anche se qualche volta questo sentimento può essere ambivalente. Non crede che siano orgogliosi di Padova?
«Assolutamente. Dico di più. Se esiste una città d’arte, ma i suoi cittadini ne riconoscono solo alcune componenti, la città resta tale, ma non è vissuta. Adesso bisogna insistere su una comunicazione inedita. Le competenze ci sono, non resta che rivelare la città segreta, densa di storia, magari quella meno abituata ai riflettori. Con il mattino daremo ancora nuova vita alla bellezza».
A quali “segreti” pensa per un bis?
«Al monumento Memoria alla Luce di Libenskind e ai cimiteri ebraici, solo per citarne due. Recentemente ho scoperto la chiesa all’interno del collegio Don Mazza: bombardata durante la seconda guerra mondiale, rifatta in modo ignobile, ha però conservato parte della sua bellezza. Ma penso anche al Giardino dei Giusti; alle Pietre d’inciampo davanti al Bo; alla targa che io stesso ho fatto mettere in via Cesare Battisti, in casa della famiglia Zancan, proprio dove fu redatto il testo storico di Concetto Marchesi, straordinario manifesto della libertà della nostra università. Penso ancora, tra i luoghi da scoprire, a Santa Eufemia; a casa Belzoni; a casa Petrarca, quella dietro il Duomo, non quella ad Arquà che gli regalarono i Carraresi: lui aveva la sua stupenda casetta dietro il Duomo. Insomma, svelare la nostra città sarà un’affascinante avventura».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova