The Wall:la più grande opera rock di sempre

PADOVA - La più grande opera rock di tutti i tempi, mattone dopo mattone, canzone dopo canzone, torna a esplorare dal vivo i dilemmi dell'uomo contemporaneo. "The Wall", l'epocale capolavoro di Roger Waters, approda venerdì prossimo allo stadio Euganeo di Padova. A distanza di 33 anni, il mastodontico show immaginato per il tour dell'undicesimo album dei Pink Floyd rimane oggi di spaventosa attualità. Quella storia del bambino che pattina "sul giaccio sottile della modernità", della rock star rinchiusa in se stessa, ossessionata dai fantasmi del passato e dalla celebrità, ci ricorda che, negli ultimi decenni, di muri non ne sono ancora crollati abbastanza. Anzi, se ne continuano a costruire.
160 metri di larghezza e 12 metri di altezza sono le dimensioni di quello che sarà eretto sul palco venerdì sera: un effetto scenico impressionante. Per costruirlo, sopra 1600 e più metri quadrati di superficie, vengono utilizzate due gru da 60 tonnellate. I 1000 mattoni complessivi diventeranno poi il bersaglio per le luci di oltre 49 proiettori. All'Euganeo sono già al lavoro da due giorni decine di tecnici, per lo smontaggio saranno impegnati oltre 220 facchini. Lo stadio sarà da tutto esaurito.
Il tour di Roger Waters è l'evento dell'estate 2013, il Veneto ha il privilegio di ospitarlo in anteprima per una delle due date italiane, (l'altra sarà il 28 a Roma). La produzione originale del 1980 andò in scena solo 29 volte più lo storico live per la caduta del muro di Berlino. Dal 2010 il monumentale concept ideato dall'ex bassista e voce dei Pink Floyd è tornato a conquistare milioni di appassionati in giro per il mondo. È uno degli spettacoli più affascinanti e audaci che la storia del rock abbia mai conosciuto.
Con il muro Waters racconta se stesso e abbraccia temi comuni come la separazione irrisolta tra i propri istinti e le regole sociali, l'alienazione, la disperazione, l'incomunicabilità, la solitudine, le inguaribili psicosi, la flebile speranza di un riscatto. In "The Wall" prendono forma anche temi universali come l'eterna distinzione tra noi e loro, tra l'io e gli altri. Si scopre come il rock vada ben oltre alla sua dimensione strettamente musicale, diventa un'arte performativa di ampio spettro.
Con modalità del tutto simili a quelle di Andy Warhol e i Velvet Underground dall'altra parte dell'oceano, fin dal '69 i Pink Floyd ovviarono alla loro scarsa attitudine scenica unendo i loro viaggi sonici con le psichedeliche immagini in movimento di Jo Cannon nel mitico Ufo Club. Dopo qualche anno il "giocattolo" aveva assunto dimensioni tali da spingere Waters a una vera crisi di identità e a concepire il "concerto-non-concerto".
Nacque l'idea di costruire un muro tra sé e il pubblico, trasformando il palco in uno spazio privato, dove far rivivere tutti gli incubi della propria esistenza: ecco "The Wall".
Oggi Waters, esule floydiano dal 1985, è ancora vittima di quel paradosso: rimane separato da un muro invalicabile da coloro con cui ha scritto la storia del rock e sembra trasformarsi in quell'occhialuto professor macellaio del celebre video di Gerald Scarfe: sotto di lui una mole infinita di operai al lavoro. Vittima e carnefice allo stesso tempo Waters afferma di voler riproporre "the Wall" anche per ribellarsi a una visione sempre più cinica dell'essere umano, incapace nella sua dimensione collettiva di mantenere relazioni empatiche e collaborative con gli altri. È un messaggio che non può certo rimanere chiuso in una stanza: «Is there anybody out there?» .
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