Tinto ricorda: provavo le scene con Tinta

Il maestro è un po’ stanco ma felice. Ritorna al Lido con i suoi 80 anni, un documentario che lo omaggia e un desiderio rotondo, insaziabile e incorruttibile di culo. «Amo il culo delle donne più di ogni altra cosa al mondo perché è la parte più espressiva del corpo», dice Tinto Brass, giusto per fare capire che è sempre lui, anche se ha conosciuto lo smarrimento della malattia e ora sembra più che mai attaccato alla vita, oltre che alla sottana, ai sorrisi e alla protezione della sua ultima musa e compagna Caterina Varzi.
Il festival del cinema, al quale era solito sbarcare nei modi più imprevedibili palpeggiando i cosciotti e le tette delle sue attrici seminude, ora lo accoglie con tutti gli onori ospitando nella sezione Venezia Classici il documentario “Istintobrass”di Massimiliano Zanin e dedicato alla produzione e alla vita del regista. Chiusa la fase degli arrembaggi pecorecci, Brass assapora Venezia70 come mai avrebbe immaginato di fare. Accomodato in una poltrona in midollino sulla terrazza dell'Excelsior, pantaloni di lino a quadri, sciarpa rossa, un bastone al posto del sigaro (sempre simbolo è), il giovane assistente da una parte e la bella Caterina dall’altra, chiarisce subito che non è un vecchio da ospizio allungando una toccatina sul sedere di chi lo sta intervistando. «Culo, adoro il culo, vorrei morire sognando una donna nuda», dice. Intanto è vivo, è qui e il suo pubblico lo adora.
Non male come rientro al festival dopo tanti anni.
«È una riscossa contro chi negava la valenza del mio cinema, contro la censura che mi stava sempre addosso. Indubbiamente è molto piacevole ritornare al Lido con questo riconoscimento ma per me non è mai stato un problema di legittimazione. Anzi. Più i miei film erano oggetto di critica e più sapevo che avrebbero avuto successo. Non indietreggio mai. Pensi che ho almeno una quarantina di sceneggiature pronte nel cassetto».
Tutte erotiche?
«Guardi, io credo che l’erotismo sia vita. È il sesso con la possibilità anche di divertire il pubblico: il massimo. Ho provato a fare un film sull’Italia degli ultimi anni intitolato “Grazie papi” ma non me l'hanno fatto fare. Ora sto girando “Ziva e l'isola che non c’è” con Caterina, che è la mia musa ermeneutica».
Come vede Tinto Brass l’erotismo ai tempi di Internet?
«Internet ha ucciso l’erotismo. Il web offre solo pornografia, squallore, carne un tanto al chilo».
Finiti per sempre i tempi de “La Chiave”?
«Quel tipo di erotismo non muore mai ma è sempre più difficile da portare sul grande schermo perché non ci sono i soldi. Eppure ho continuamente attrici fuori dalla porta che vengono a chiedermi di fare un film. Del resto, tutte quelle che hanno lavorato con me hanno avuto successo e la cosa curiosa è che al termine delle riprese, quando si riguardavano, mi dicevano che sì, effettivamente avrebbero potuto fare di più».
In che senso?
«Nel senso che, pur essendo ovviamente disinvolte, almeno all’inizio non avevano la mia stessa concezione del sesso che ho sempre considerato come qualcosa di giocoso. Per fortuna c’era mia moglie, la Tinta, che incoraggiava e mostrava le infinite variabili di ogni posizione».
La Tinta posava?
«La Tinta spiegava e le attrici eseguivano. Certo, era molto gelosa ma la sua era una gelosia che durava una settimana. Poi tornava la pace, ovviamente grazie al sesso. Quando le sottoponevo i copioni era lei che diceva, guarda Tinto, questo punto mi sembra un po' debole, migliora questo, insisti su quell’altro. Voleva sempre qualcosa in più. E prima di aggiungere qualcosa, provavamo le scene a letto».
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