Tragico parto, sei indagati: «Cesareo troppo rinviato»

I consulenti della procura censurano il comportamento della ginecologa di turno nel reparto la sera della nascita: la neonata ha gravi lesioni cerebrali

PADOVA. Un parto forse rinviato troppo in là e la bimba nasce in sofferenza fetale con gravissime lesioni cerebrali. Sei medici finiscono indagati ma ora il “cerchio” tende a restringersi intorno alla condotta professionale di una dottoressa della divisione Ostetrica e ginecologica dell’Azienda ospedaliera padovana: era di guardia la sera in cui nacque la piccola e avrebbe tardato l’esecuzione del parto cesareo di ben quattro ore nonostante la sofferenza fetale. È quanto emerge dalla consulenza affidata dal pubblico ministero padovano Francesco Tonon agli esperti della procura, il dottor Giovanni Del Frate, ginecologo già primario dell’ospedale di San Daniele del Friuli, e il dottor Luigi Cattarossi, direttore della Patologia neonatale di Udine. Una consulenza che, però, lascia spazio ad ambiguità tanto che il magistrato inquirente ha sollecitato una relazione supplementare ai due medici per dare una risposta chiara e precisa su un punto: i danni cerebrali riportati dalla bambina sono imputabili a quel ritardo? Un ritardo che, solo in questa ipotesi, potrebbe essere giudicato colpevole e, dunque, fonte di una qualche responsabilità penale?

I due consulenti hanno escluso che sia censurabile l’operato di tutti i medici coinvolti nella vicenda, a esclusione della ginecologa di turno quella sera in quanto avrebbe posticipato il parto cesareo. La dottoressa avrebbe dovuto operare la signora alle ore 21 del 16 ottobre scorso visto che gli esami avevano evidenziato come il feto fosse in uno stato critico: il battito del neonato era decelerato e ciò sarebbe sintomo di sofferenza fetale. Tuttavia i due consulenti della procura avrebbero “alleggerito” la posizione dell’indagata, sottolineando come il collegamento fra le lesioni neurologiche della neonata e il ritardo nel parto sia attenuato dal fatto che si trattava di una gravidanza a rischio. Una gravidanza frutto della fecondazione assistita in una donna 35enne in sovrappeso con alcuni problemi come l’ipertensione cronica e il diabete. Secondo il consulente della ginecologa, invece, la decelerazione del battito del neonato era stata indotta da farmaci e l’attesa, prima del cesareo, non era frutto di un atteggiamento imprudente o negligente.

Erano stati genitori della piccola, residenti in città, a presentare una denuncia assistiti dall’avvocato Leonardo Arnau (i medici sono difesi dall’avvocato Marina Infantolino). Grande felicità al momento del parto. Ma cinque giorni più tardi, il 21 ottobre, quel sogno finisce d’un colpo: la Tac svela le lesioni cerebrali. Da qui la volontà dei genitori di sapere se poteva essere evitata la tragedia con la quale, ormai, devono fare i conti quotidianamente. Nel marzo 2014 la 35enne aveva scoperto di essere finalmente rimasta incinta in seguito alla fecondazione assistita. Il percorso non era senza problemi tanto che la signora si era fatta seguire dall’ambulatorio gravidanze a rischio. Il 30 settembre aveva avuto un forte aumento della pressione arteriosa: si era rivolta in ospedale, tuttavia l’appuntamento era stato fissato 15 giorni più tardi. Il 15 ottobre era stata visitata e rispedita a casa tra le proteste della madre, preoccupata per le gambe troppo gonfie della figlia. A quel punto il ricovero per «scarso controllo della pressione ed edemi declivi» si legge nel foglio ospedaliero. Il pomeriggio del 16 ottobre la somministrazione di una soluzione a base di glucosio, poi all’1 di notte del 17 il tragico parto.

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