Trasloco ai Colli, si inizia dai Pap-test

È il primo servizio che verrà trasferito dal distretto 1: già fissati i primi appuntamenti, coinvolte 60 mila padovane
Elisa Fais
MILANESI - OSPEDALE DEI COLLI
MILANESI - OSPEDALE DEI COLLI

Il primo tassello della rivoluzione della sanità padovana che vede il rilancio dell’ospedale ai Colli e il traferimento del distretto 1 all’ex psichiatrico, passa attraverso lo screening per la prevenzione del cancro del collo dell’utero. Che, appunto si farà a Brusegana. I primi appuntamenti sono già stati fissati: coinvolte 60 mila donne residenti nei comuni di Padova (escluso il quartiere Sud), Noventa, Saonara, Cadoneghe e Limena. L’indagine diagnostica effettuata dall’Usl 16 serve a prevenire e curare in tempo il tumore del collo dell’utero. L’esame è gratuito e consiste in un prelievo di un campione di cellule del collo dell’utero, sia per il Pap-test che per la ricerca del Papilloma virus che è fondamentale fattore di rischio (test Hpv). Il trasferimento dello screening è accompagnato da alcune modifiche a livello organizzativo, studiate allo scopo di rendere più accessibile il servizio. Una su tutte: la nascita di un numero verde gratuito utile a fissare la visita in maniera più flessibile. Finora le padovane erano invitate ad aderire attraverso una lettera che riportava già l’appuntamento fissato. Risultato? Molte non si presentavano. Nella fascia d’età interessata, che va dai 25 ai 64 anni, le donne lavorano e si dividono tra mille impegni. Il numero verde è attivo allo scopo di venire incontro alle necessità e concordare giorno e ora della visita. Dal 13 gennaio chi è residente nei distretti 1 e 2 potrà quindi effettuare la prestazione nella nuova sede in via dei Colli. Restano comunque attive per qualche tempo anche le altri sedi distrettuali, fino a quando il nuovo servizio di screening all’Ospedale ai Colli sarà ben rodato. Secondo il dottor Domenico Scibetta, direttore sanitario dell’Usl 16, le attività volte alla prevenzione avranno, ai Colli, una grande espressione: «Per ora stiamo provando con i distretti 1 e 2. L’intenzione è quello di migliorare». La Regione Veneto stabilisce come obbiettivo che il 60% delle invitate aderisca allo screening, la percentuale però non è mai stata raggiunta e dal 2011 si ferma al 48%. «L’iniziativa vuole dare quella spinta in più», spiega Scibetta, «non è facile riuscire a coinvolgere tutte le donne». Anche in questo caso, però, la lettera d’invito spiega che sarebbe opportuno comunque chiamare e indicarlo agli operatori. Il trasloco alla struttura socio-sanitaria di Brusegana dà anche una risposta ad alcune inefficienze operative. Continua il direttore sanitario: «Se un operatore non c’era, si rischiava di saltare la seduta». Il servizio riorganizzato a turni assicurerà una copertura regolare di infermieri, medici e operatori caratterizzata dall’interscambiabilità. «In un anno si inviano 41 mila primi inviti, sono 16 mila i solleciti ed ogni tre anni vanno fatti i richiami», dice Scibetta.

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