Troppi rumori dal campetto di calcio, patronato obbligato a fare lavori

PADOVA. Dopo otto anni di battaglie legali contro i rumori prodotti dal patronato, di cui 35 denunce personali al parroco don Francesco Tondello della chiesa di San Paolo Apostolo, due procedimenti civili, una decina di denunce ai parrocchiani e quattro denunce ad altrettanti minorenni, Silvia Cesarin, residente vicino al campetto sportivo del patronato, ha spuntato una vittoria che potrebbe mandare sul lastrico la parrocchia e tutte le sue attività sportive. Secondo un’ordinanza del tribunale infatti entro 6 mesi (a partire da marzo scorso) la parrocchia deve mettere a norma il campetto di via Giovanni Bertacchi con fondo d’erba sintetica e barriere fonoassorbenti per un costo di 42 mila euro. A suo carico anche le spese legali (15 mila euro).
Per la realtà religiosa, già gravemente indebitata con le banche per tenere testa alle continue denunce della donna, significherebbe bancarotta. In altre parole la fine di qualsiasi attività ludica, ricreativa e sociale per i bambini e i ragazzi del rione. Per la signora Cesarin in ballo c’è la salute e non è disposta a passarci sopra. Nonostante, su 13 appartamenti che affacciano sul campo, sia l’unica a lamentare rumori molesti, non indietreggia di un passo dalla sua posizione: quel patronato è una fabbrica di urla, rumori e confusione. Esattamente quella che possono produrre dei bambini della scuola materna e dei ragazzi dai 6 ai 18 anni.
Il patronato, ottemperando ad un’altra sentenza del tribunale, aveva già stabilito gli orari del campetto facendoli coincidere con quelli del patronato: 15-19 d’estate e 16-18 d’inverno. Questo proprio per venire incontro il più possibile alle esigenze della vicina. Il piccolo rettangolo di erba naturale, dove si gioca a calcetto o a pallavolo, è recintato, dunque è impossibile accedervi fuori dagli orari del patronato. Ma la donna non si è detta soddisfatta e ha ingaggiato il duello legale che, lo scorso marzo, ha portato all’ordinanza che ora preoccupa non poco. Tanto che parrocchiani, animatori e genitori si sono costituiti nel Comitato Patronando per dare man forte a don Francesco e difendere l’unico luogo di riferimento per i loro figli.
Dopo la “sconfitta” legale, il comitato ha scritto una lunga lettera indirizzata alle autorità ecclesiastiche e civili (vescovo, vicario generale e cittadino, prefetto e sindaco) per chiedere aiuto. «Il patronato», ricordano, «sorge dal 1968 in una zona densamente abitata ed è dotato di un campetto dedicato a diverse attività all’aperto. Per le lamentele di una sola persona su 13 si è creato un clima di tensione: basti pensare che le feste di compleanno sono state interrotte dall'intervento delle forze dell’ordine. Il patronato non vuole garantirsi l'esistenza nell'illegalità, e neppure avere un trattamento di privilegio, ma concentrare la propria attività nel fine sociale e religioso che si è prefisso, senza dover impiegare quantità di denaro nelle spese legali “stornandolo” da altre serie necessità della parrocchia».
Pesa una questione di fondo che potrebbe creare un precedente per tutte le comunità religiose e gli stessi luoghi pubblici: «Il rumore di bambini che giocano è un pericolo per la quiete e la salute pubblica?».
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