Truffano Ceccato Motors In tre finiscono nei guai
Aveva venduto e consegnato ben 21 auto di media e grossa cilindrata, un parco-macchine di tutto rispetto tra Bmw 530 e Bmw X5, Mini Cooper e Porsche Cayenne, in cambio della somma pattuita, ben 660.625 euro versati in titoli di credito. Titoli che, messi all’incasso, sono risultati carta straccia nelle mani di Camillo Vitali, legale rappresentante di Ceccato Auto Motors, notissima società padovana con sede in via Venezia dove si trova l’elegante autosalone omonimo. Vittima del raggiro, la società non solo ha denunciato l’accaduto ma ieri si è costituita parte civile, tutelata dal penalista Ferdinando Bonon, nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup Mariella Fino, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di mandare a processo i tre imputati ritenuti responsabili dei reati di concorso in truffa e di bancarotta fraudolenta. Il pubblico ministero Roberto D’Angelo, infatti, aveva chiesto il rinvio a giudizio per i presunti responsabili della truffa e del crac, Luca Bertocco, 40 anni di Saccolongo (difensore l’avvocato Alessandro Compagno), amministratore unico dal 15 maggio 2007 e titolare di un terzo delle quote societarie di Autotherme srl con sede ad Abano in via Diaz; nonché dei soci Gian Maria Mansutti, 44 anni di Abano (legale Giorgio Zecchin), e Gianni Franzato, 55 di Limena (avvocato Michele Longo).
Tra il luglio e il settembre 2007 Autotherme, che gestisce un concessionario di auto, fa l’ordinativo e prende in carico la merce garantendo quella particolare forma di pagamento, ovvero una serie di assegni post-datati, per evitare un’eccessiva esposizione finanziaria. Almeno questa sarebbe stata la giustificazione. In realtà, per la ditta i conti in cassa vanno piuttosto male. E Ceccato Auto Motors lo scoprirà a sue spese di lì a poco, quando in banca tutti i titoli risulteranno scoperti. Ma è troppo tardi. Qualche mese dopo il 29 novembre, su istanza di alcuni creditori, il tribunale di Padova pronucia il fallimento della srl aponense: nella sua relazione il curatore fallimentare, Chiara Beghetto (che si è pure costituita parte civile) individua un “rosso” di 566.092,01 euro oltre alla sparizione di un televisore al plasma Samsung del valore di 2.206 euro. Mansutti e Bertocco hanno chiesto di patteggiare un anno, mentre Franzato ha sollecitato il giudizio abbreviato. Le parti civili si sono opposte. Il giudice deciderà se accogliere o meno le richieste (e procedere) il prossimo 8 maggio.
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