«Tubazioni vecchie, il rischio legionella c’è»

PADOVA. «Da almeno tre anni c’è una circolare della Direzione sanitaria che impone agli operatori sanitari, ogni lunedì mattina, di far scorrere per venti minuti l’acqua calda di tutti i rubinetti degli ambulatori di Pneumologia, Pediatria e Divisione Ostetrica: una misura che da sola ci dice che impianti e tubazioni sono vetusti e rischiosi». Luigino Zuin, responsabile Uil, è tutto fuorché sorpreso dalla denuncia dei familiari di un paziente ricoverato per tumore in Azienda ospedaliera, il quale sarebbe tuttavia deceduto a seguito di una polmonite causata dalla legionella. Batterio che, secondo la famiglia, Claudio Menegazzi, 66enne di San Biagio di Callalta (Treviso), avrebbe contratto proprio durante il suo ricovero.
«Nel caso del paziente i cui familiari hanno denunciato l’Azienda» continua Zuin, «saranno ovviamente le analisi e le indagini a fare chiarezza. Nessuno al momento può dire che ci sia la legionella. Il rischio, però, quello c’è perennemente e sarebbe assurdo e sciocco nasconderlo. Questo ospedale è un arcipelago di edifici, uno più vecchio e malmesso dell’altro. Si cerca di rattoppare, si annunciano lavori e interventi che poi non partono e quando partono incontrano mille ostacoli. La situazione per i pazienti dal punto di vista logistico e alberghiero non rende giustizia del livello di eccellenza che viene garantito grazie all’abnegazione del personale medico e di comparto».
Fino a due anni fa, quando la Rianimazione pediatrica era collocata nella palazzina di Pediatria, i bambini non venivano lavati con l’acqua che usciva dai rubinetti del reparto: «Veniva utilizzata acqua portata con le taniche» conferma Zuin, «perché non si fidavano a usare quella dei bagni. Il problema è che se qualcuno pensa che la situazione sia cambiata da allora, rimarrà deluso.
E del resto un caso di legionella in Azienda ospedaliera si è già verificato. Nel settembre del 2012 il batterio venne rilevato nelle tubature della Clinica ginecologica. Seguì subito la bonifica, con il temporaneo divieto di utilizzo dell’acqua del rubinetto.
I familiari di Claudio Menegazzi sono convinti che a uccidere il loro congiunto sia stata la legionella e che il batterio sia stato contratto in ospedale. Il referto parla chiaro: polmonite da legionella. E nell’esame delle urine incluso nella cartella clinica del paziente il medico che lo aveva in cura indica che era stata rilevata la presenza di tracce del batterio. Ad oggi sono stati effettuati già due campionamenti dell’acqua nel reparto dove era ricoverato Menegazzi, che hanno dato entrambi esito negativo. Le indagini del Nas, coordinate dalla Procura di Padova, proseguono. La famiglia vuole la verità.
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