Tumore cerebrale, nuova cura dello Iov raddoppia la sopravvivenza

PADOVA. È firmato Iov lo studio che, per la prima volta dopo 15 anni, ha permesso di individuare una nuova terapia contro il glioblastoma, la forma più frequente e grave di tumore al cervello. Alla testa dello studio l’oncologo Giuseppe Lombardi, 39 anni, da cinque referente della Neuro-oncologia dello Iov, centro di eccellenza internazionale per lo studio e la cura dei tumori cerebrali. Nei pazienti che hanno partecipato allo studio di Lombardi, la sopravvivenza a un anno è più che raddoppiata. Lo studio è stato pubblicato su Lancet Oncology ed è valso a Lombardi il premio “Lettura Marco Venturini 2019” dell’associazione italiana Oncologia medica.
Dottor Lombardi, può spiegare in cosa consiste questa nuova cura?
«Lo studio Regoma che ho condotto con il coordinamento della dottoressa Vittorina Zagonel che dirige l’Oncologia medica dello Iov, è nato da una intuizione rispetto a un farmaco di nuova generazione (Regorafenib, ndr)utilizzato per altre neoplasie. Era da 15 anni che la cura del glioblastoma non faceva passi in avanti. Il farmaco è stato somministrato a pazienti con recidiva, che avevano già subito un intervento chirurgico o comunque la terapia standard a base di chemio e radioterapia».
Come funziona questo farmaco?
«Di fatto agisce come inibitore selettivo di specifiche alterazioni molecolari nelle cellule tumorali, ma ha anche un effetto inibitore rispetto alla proliferazione dei vasi sanguigni nel tumore e, infine, contrasta l’immunosoppressione causata dal glioblastoma».
Quale risultato avete ottenuto?
«A un anno dall’inizio del trattamento, la percentuale di pazienti in vita era del 40%, rispetto al 15% che si aveva con le terapie standard».
I pazienti hanno facile accesso a questo farmaco?
«Proprio grazie al grande passo in avanti che rappresenta nelle terapia contro il glioblastoma, l’Aifa ha inserito il farmaco dell’elenco di quelli rimborsabili. Sono circa un migliaio all’anno a livello nazionale i pazienti che ne potranno beneficiare».
Quanti pazienti seguite allo Iov con questo tipo di tumore?
«Lo Iov è fra i centri più importanti a livello internazionale ed è un punto di riferimento con numerosi protocolli sperimentali: vediamo una media di 350 nuovi casi l’anno. I pazienti seguiti, ai vari stadi, sono circa 1.500».
Chi si ammala di glioblastoma?
«Il picco di incidenza è fra i 55 e i 60 anni anche se negli ultimi anni stiamo vedendo un incremento di casi più precoci».
Cosa si sa delle cause?
«Ci sono studi che hanno dimostrato alla base del glioblastoma cause ambientali, come le radiazioni ionizzanti, l’inquinamento atmosferico e l’esposizione ai pesticidi. La correlazione con i campi magnetici e quindi con i telefoni cellulari non è invece dimostrata».
Ritiene che si possa arrivare a sconfiggere questo tumore?
«Oggi non possiamo ancora parlare di guarigione, pur essendoci un 5% di pazienti cosiddetti lungosopravviventi, dopo 5 anni dall’insorgenza del tumore. Abbiamo fatto un grande passo in avanti, credo che la strada imboccata sia quella giusta e che in futuro potrà dare ancora buoni risultati. Stiamo continuando la ricerca, sperimentando nuovi farmaci e nuove combinazioni anche ocn l’immunoterapia».
Lei è giovane ed è riuscito a emergere nel panorama internazionale dell’Oncologia, pur lavorando in un Paese dove fare ricerca non è facile.
«Sono arrivato a Padova dalla Puglia e qui ho trovato un ambiente adatto prima per la formazione e poi per la crescita professionale. Ho avuto la fortuna di lavorare con persone che mi hanno permesso di approfondire le mie ricerche e dato fiducia, come la dottoressa Zagonel. È vero però che in Italia la ricerca è sotto finanziata, nonostante abbia un indice altissimo di pubblicazioni, e che in generale il sistema non favorisce i giovani. Ho fatto esperienze all’estero, a New York e Parigi, ho visto miei coetanei già direttori di Dipartimento. In Italia il percorso per fare carriera è più difficile, molti si scoraggiano, c’è poca meritocrazia e non ripaga nemmeno dal punto di vista economico. Se lavorassi negli Stati Uniti io stesso guadagnerei più del doppio». —
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