Tunisino aspirante universitario per spacciare tra gli studenti

Voleva frequentare le aule del Liviano. Lo aveva scritto in una lettera lasciata al complice italiano. Adesso i due rischiano il processo per la vendita di eroina, cocaina, hashish e marijuana
Soufien Naffati
Soufien Naffati

Sarà stato anche un po’ agée per frequentare le aule di studio ma la sua “fissa” era iscriversi all’università. E non solo per incrociare belle ragazze ma soprattutto per allargare il “portafoglio” clienti, una strategia commerciale ben nota a chi sa portare avanti gli affari. Tanto che quel progetto lo aveva lasciato scritto in una lettera appoggiata sul tavolo della cucina e destinata all’amico-collega d’affari finito nei guai con lui, il “cognato” come lo definiva. Una lettera molto chiara: stava per iscriversi a uno dei corsi di laurea del Dipartimento dei beni culturali con sede nel Palazzo Liviano in piazza Capitaniato, perché quel posto sarebbe stato una miniera d’oro per spacciare la droga. Del resto gran parte della sua clientela era formata proprio da studenti dell’Università com’è risultato anche dai tanti recapiti telefonici scritti sempre su quei fogli. Sogni andati a monte: ora Soufien Naffati, 29enne tunisino aspirante studente sui banchi dell’ateneo padovano, una residenza in via Mortise 32 e un domicilio attuale nel carcere di Rovigo, rischia di affrontare il processo per il reato di concorso nel commercio continuato di sostanze stupefacenti con il “cognato” (italiano) Vito Bellaveduta, 55enne originario di Bari, già residente in città a Camin, attualmente sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

L'ingresso del Liviano
L'ingresso del Liviano


Naffati deve anche rispondere di evasione. Il pm Benedetto Roberti, infatti, ha chiuso l’inchiesta, atto preliminare alla richiesta di rinvio a giudizio.

Marijuana e hashish, cocaina ed eroina: da anni i due erano specializzati nello smercio di sostanze stupefacenti. Tra i loro principali clienti, studenti universitari, maschi e femmine. Interrogate dai carabinieri, impegnati negli accertamenti, un gruppo di ragazze che frequentano l’università ma sono originarie dalla Calabria, hanno ammesso: «Sì, compriamo la marijuana da Naffati. Le consegne sono pure a domicilio... È roba buona davvero, molto meglio di quella che acquistiamo giù da noi». Il 18 settembre scorso il tunisino è sorpreso per le strade di Casalserugo nell’area di una stazione di servizio dove sta contrattando la cessione di una dose di eroina, nonostante fosse agli arresti domiciliari in un alloggio di conoscenti. Alloggio dove sono sequestrati una modesta quantità di hashish e 7 mila euro. Da lì parte l’inchiesta che allarga il quadro pure al complice con il ritrovamento della lettera, sequestrata nella cucina dell’abitazione durante la perquisizione e destinata all’amico Bellaveduta, “il cognato” che aveva l’incarico di incrementare il giro di clienti.
 

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