Ucciso dal pioppo caduto in strada, ora il perito rischia il processo

PADOVA. Il pioppo cipressino era marcio, uno stato patologico visibile anche con una semplice occhiata alla corteccia. Bastava guardarlo. Ma forse quell’analisi “sul posto” dell’albero non è mai stata fatta, almeno così la pensa il pubblico ministero padovano Benedetto Roberti che ha chiuso formalmente l’inchiesta a carico del perito forestale Carlo Jacopo Zeffiro, 30 anni di Cervare Santa Croce, e si prepara a chiedere il processo nei suoi confronti. Le accuse? Omicidio colposo e falso. Già perché a causa di quell’albero malato, il pomeriggio del 26 agosto scorso morì l’operaio romeno Romeo Magdici 30 anni appena, residente a Mortise: c’era una bufera con raffiche di vento e l’automobilista, al volante della sua Renault Laguna Station (accanto sedeva la moglie, sul sedile posteriore la figlioletta di sette anni), stava percorrendo il tratto di via Avanzo, dietro la stazione ferroviaria, all’altezza del pioppo cipressino alto 23 metri e pesante oltre 90 quintali. All’improvviso l’albero si piegò piombando sull’abitacolo, sfiorando le due donne, schiacciando lo sfortunato marito e papà, morto quasi all’istante.
Il 30 dicembre 2011 Zeffiro aveva ricevuto l’incarico di mettere a punto il censimento delle alberature nelle aree verdi dei quartieri 2 Nord (Arcella, San Carlo e Pontevigodarzere) e 5 sud-ovest (Savonarola, Armistizio, Paltana, Voltabrusegana e Mandria) con l’obbligo di classificare le piante dopo un sopralluogo, descrivendone lo stato fitosanitario e la struttura. Nella scheda tecnica datata 21 giugno 2012, redatta appena due mesi prima del tragico incidente, quel pioppo cipressino viene indicato in uno stato fitosanitario normale. La pubblica accusa - forte di una consulenza tecnica firmata da un esperto nominato dalla procura con la quale concorda il professor Lucio Montecchio, il tecnico nominato dalla famiglia della vittima tutelata dall’avvocato Federico Alati - contesta il fatto che l’albero era affetto da carie in profondità, fino alla base della pianta. Addirittura le radici, in parte marce, risultavano danneggiate da alcuni lavori. Insomma si trattava di «uno stato anomalo rilevabile visivamente da chiunque e tanto più da un esperto» sostiene la procura. Da qui la contestazione del reato di falso perché Zeffiro avrebbe redatto una scheda tecnica, attestando che l’albero non aveva alcuna problematica di tipo fitosanitario. La conseguenza? Di fronte a quel referto positivo, il Comune non decise il taglio della pianta che avrebbe evitato la tragedia.
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