Un anno senza Federico: «Abbiamo perso il nostro unico figlio, siamo cambiati così»

PADOVA. Il ritratto in cui ha i capelli raccolti e gli occhiali Ray Ban è stato piazzato tra il caminetto e il divano, le foto con il cagnolino Kiwi sono appoggiate sul mobile all’entrata mentre il letto, spoglio, è ancora nella stanza mansardata all’ultimo piano della villa. È passato un anno dalla morte di Federico Maria Rossi, 25 anni, vittima di un incidente in moto lungo la provinciale del “Costo”. Il padre Franco Rossi e la madre Maria Luisa ce la stanno mettendo tutta per riuscire ad andare avanti anche senza il loro unico figlio. Spesso si raccontano le tragedie ma ci si dimentica del “dopo”. Stavolta no. Stavolta i genitori di Federico hanno spalancato le porte della loro casa ad un anno di distanza. «Se devo pensare a una cosa che è cambiata veramente, è che ora nessuno mi chiede più come va» dice il padre con gli occhi lucidi.
Molti sostengono che no, quando si perde un figlio la vita non continua. È vero?
«La vita non finisce qua, continua altrove. Per noi Federico è sempre vivo, solo che non riusciamo più a toccarlo. Pensare in questo modo è l’unica soluzione per accettare un fatto simile».
Come prosegue la vostra vita dopo quel terribile 24 agosto 2012?
«Continuo a lavorare come medico ortopedico specialista in ginocchio, spalla e anca. Opero ad Abano e lavoro anche a Brescia e Mestre. Io e mia moglie Maria Luisa ci siamo uniti molto dopo la perdita di nostro figlio. Frequentiamo assiduamente la parrocchia di riviera San Benedetto e siamo entrati in contatto con famiglie che vivono il nostro stesso dramma. Ci parliamo, cerchiamo di aprire i nostri cuori feriti».
Recentemente siete anche tornati sul luogo dell’incidente, per la prima volta.
«Ci abbiamo messo quasi un anno ma alla fine abbiamo trovato la forza di andare a vedere dove è morto il nostro Federico. Ci ha accompagnato don Sergio ai primi di luglio. È stata un’esperienza molto forte ma ce l’abbiamo fatta. Prima non avevamo avuto il coraggio, ora sappiamo ciò che è successo. Quello è un rettilineo di un chilometro e mezzo con la linea continua al centro della carreggiata. Federico è finito contro una roccia sulla parete opposta alla direzione di marcia. Forse era in sorpasso e un’auto ha tentato di fare la stessa manovra, facendogli perdere il controllo».
Cosa vi aiuta di più ad andare avanti?
«La vicinanza degli amici di Federico ci aiuta molto. Ogni tanto ci vengono a trovare oppure mandano messaggi a mia moglie. Non è semplice tornare alla vita di tutti i giorni. Basta una canzone alla radio, un profumo, uno spot pubblicitario e si apre un orizzonte di ricordi. Sembra ieri che ce l’avevamo qua, sul divano insieme al suo adorato cagnolino Kiwi».
Suo figlio è morto in moto, molti al suo posto inizierebbero a odiare le due ruote.
«Federico guidava la moto dall’età di 14 anni. La passione gliel’ho trasmessa io che tuttora sono motociclista. Lui era molto bravo e prudente, quello che è successo è una terribile fatalità. Poteva accadere a chiunque altro. Quello che mi sento di dire è che servirebbe maggiore attenzione da parte degli automobilisti nei confronti di chi viaggia in moto. Il boom di telefonini ultima generazione, con il continuo scambio di messaggi, credo abbia peggiorato notevolmente la situazione per chi si mette in sella ad una moto».
Sabato è stato l’anniversario, la triste ricorrenza. Cosa avete fatto?
«Io e mia moglie siamo stati nella nostra casa di Asiago. Sabato abbiamo celebrato una messa in paese. Un gruppo di circa 30 persone è venuto da Padova: amici di Federico e i loro genitori. Abbiamo pregato insieme. Poi qualcuno è passato a lasciare un ricordo nel luogo in cui è successo l’incidente. Una messa è stata celebrata anche a Padova».
Ciò che è successo un anno fa ha sicuramente cambiato anche la vita di Federica, la giovane che si trovava in moto con vostro figlio. La sentite ancora?
«Certo che la sentiamo, per noi è una presenza importante. Alla messa di Asiago è venuta con mamma e papà. Federica sta ancora facendo la riabilitazione per guarire le ferite riportate dopo l’incidente. Per quanto possiamo cerchiamo di aiutarla a superare il trauma».
C’è un messaggio che le piacerebbe lanciare per altri che si trovano nella sua condizione?
«La nostra vita non è più la stessa e non lo sarà mai, questo è certo. Il vuoto si può colmare solo con il lavoro, con l’amore, facendo le cose insieme e poi con la fede. Molte coppie si separano dopo eventi del genere. Io e mia moglie invece ci siamo uniti ancora di più e abbiamo deciso di camminare insieme in questa difficile strada che abbiamo imboccato».
@enricoferro1
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova