Un bed & breakfast gestito da ragazzi down. Mancano 150 mila euro per il sogno di S. Sofia

PADOVA.
«Aiutaci a realizzare questo sogno a cento stelle». A chiederlo sono Elena, Raffaele e tanti che come loro vivono con la sindrome di Down o disabilità intellettive. Sognano di aprire un “Bed and breakfast” dove accogliere i clienti, preparare le colazioni e prendersi cura degli ospiti.
Ma sognano anche l’indipendenza e l’autonomia da chi, amorevolmente, li ha aiutati fin ora, magari gli stessi genitori. Sognano e guardano un futuro possibile di inclusione e responsabilità. Sogni, ma con qualche appiglio concreto alla realtà. A fronte di quasi mezzo milione, tanti sono i quattrini necessari a realizzare il progetto, ne hanno già raccolti 250 mila, grazie al finanziamento della Fondazione Cariparo. Qualcos’altro metterà il Rotary club: ne servono ancora 150 mila euro.
Nel progetto i ragazzi (che sanno il fatto loro) hanno già pensato al colosso svedese del mobile, Ikea, per un aiuto negli arredi. Ma la strada è ancora molto lunga. Se l’operazione va in porto sarà il primo B&B gestito da persone con disabilità in tutto il Veneto.
Si tratta di un progetto ambizioso e innovativo. Sicuramente l’iniziativa più grande che l’associazione Down Dadi abbia mai intrapreso. Ci sono tante incognite che non possono essere sottovalutate: prima di tutto le risorse; poi la capacità concreta dei ragazzi di gestire la struttura. Tuttavia l’entusiasmo intorno al progetto cresce a vista d’occhio. Sono numerosi i professionisti che si sono messi all’opera.
Il primo a crederci è stato don Giorgio Ronzoni, parroco di Santa Sofia, non a caso il cantiere si chiama “Slow down S. Sofia”. Il religioso ha messo a disposizione della Fondazione Vite Vere (costituita a sostegno delle attività e dei progetti di Down Dadi), in comodato d’uso gratuito, la struttura, ovvero l’edificio accanto alla canonica: due piani di circa 130 metri quadrati ciascuno. Accanto ai ragazzi ci sarà una cooperativa sociale pronta a guidarli.
Dietro c’è una filosofia di vero welfare generativo. Che mette in piedi una struttura capace di auto-mantenersi; che coinvolge persone con disabilità medio gravi, quelle che di solito sono pensate per l’assistenza totale che stimola pochissimo, anzi rischia di essere dannosa azzerando progressivamente le capacità delle persone, e che per questo è molto costosa.
Il B&B di Santa Sofia significa dunque occupazione, impegno, lavoro retribuito, ma anche una casa propria, sganciata dalla famiglia e relazioni autentiche che solo vivere in mezzo alla gente può dare. E tutto questo che i ragazzi s’immaginano nelle cinque camere con bagno, ognuna con il suo accesso indipendente, la reception, la sala colazione, due salotti, uno per piano, e l’ampio giardino esterno con quattro posti auto. Ora sta alla città crederci.
La maratona solidale è partita e c’è un Iban a disposizione di chi volesse donare: IT 14G08452121000301300447751, in favore della Fondazione Vite Vere Down Dadi onlus.
Elvira Scigliano
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