Un campo da tennis come metafora della vita

“Terre Battue", opera prima di Stéphane Demoustier, presente nella sezione Settimana della critica, è un film che utilizza efficacemente il tennis come metafora della vita. Sul campo di terra battuta gli avversari si fronteggiano da lontano. Ogni colpo esige una risposta all’altezza, e per sconfiggere l’avversario serve forza, coraggio e strategia. Così succede ai due protagonisti di questa storia; un padre, Jérome, che lascia (o perde) il lavoro per iniziare un’attività in proprio, suo figlio Jerome, 11 anni, grande appassionato di tennis sta affrontando un torneo nel quale il premio in palio è un posto al prestigioso collegio sportivo del Rolland Garros.
Quando Laura (Valeria Bruni Tedeschi) decide di lasciare marito e figlio, il già precario equilibrio familiare, si infrange. L’uomo pur di avviare il suo progetto è disposto a tralasciare qualche obbligo legale, il ragazzo, pur di raggiungere il proprio sogno, compie un gesto che diviene il vero nodo morale del film.
Produttori di questa pellicola sono i fratelli Dardenne, maestri del cinema contemporaneo, sempre attenti a raccontare storie nel quale l’ordinaria quotidianità produce conflitti capaci di determinare un’intera vita. Lo sport del tennis diviene simbolo e modello della nostra società, dove l’esasperata competitività obbliga le persone a misurarsi con cosa sia lecito e non.
Valeria Bruni Tedeschi, con questa nuova interpretazione, dopo “Un castello in Italia” e “Il capitale umano”, sembra completare una sorta di personale trittico nel quale mette in scena una donna fragile che vive in un contesto nel quale, la centralità del denaro, allontana le persone da un’autentica ricerca di felicità.
Valeria Bruni Tedeschi ha accompagnato il film a Venezia.
Alberto Fassina
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